Il satellite americano Uars è rientrato nell’atmosfera terrestre in una zona che si trova sull’oceano Pacifico, risparmiando cosi’ l’Italia e l’Europa, al contrario delle previsioni fatte fino a ieri dalla Nasa e dalle altre agenzie spaziali di tutto il mondo. Al termine di una notte durante la quale il satellite aveva improvvisamente cambiato rotta, alle prime ore del mattino e’ precipitato sull’Oceano Pacifico, forse distruggendosi completamente nell’impatto con l’atmosfera terrestre. La conferma dell’avvenuto rientro e’ arrivata ufficialmente dalla Nasa e dal Centro Interforse per le Operazioni Spaziali della base californiana di Vandenberg, che ha individuato l’ora del rientro fra le 5,23 e 7.09 di questa mattina (ora italiana). Intorno la mezzanotte il cambio di traiettoria del satellite, che aveva rallentato la sua discesa, modificando le ipotesi sulla zona di atterraggio. Veniva cosi’ subito escluso il pericolo che potesse cadere sull’Italia e sull’Europa, ma facendo rientrare nella zona a rischio per la caduta di detriti il Canada, l’ Africa, e vaste zone degli oceani Atlantico e Indiano.
Questa mattina, infine, la conferma da parte della Nasa dell’avvenuto rientro sul Pacifico anche se sui frammenti c’è ancora incertezza. Non è da escludere che alcuni siano arrivati al suolo, in Canada. Ma non hanno provocato danni, in quanto non ci sono notizie di “pioggia” di detriti spaziali. . Grande quanto un autobus, L’Upper atmosphere research satellite era stato in orbita intorno alla Terra 20 anni fa per raccogliere dati sulla fascia di ozono che protegge il Pianeta dai raggi ultravioletti.
L’incubo, quindi, è finito.
Aspettando le foto e i video che sicuramente potremo osservare nelle prossime ore, intanto ci viene da interrogarci e il quesito che ci poniamo è: “Questa vicenda ci ha insegnato qualcosa?” Da giorni monitoriamo in diretta, col fiato sospeso, la traiettoria di un satellite vagante nell’universo e nell’orbita della Terra, con la paura che ci possa cascare addosso. E già sappiamo che tra meno di un mese ne cadrà un altro.
Chiarendo una volta per tutte che informare significa conoscere, e non fare allarmismo (purchè si riportino fedelmente i fatti, e si chiarisca bene quale sia la situazione, senza esagerare) e che, in ogni caso, prevenire è meglio che curare (anche perchè dopo la vicenda del processo per il terremoto di L’Aquila, gli esperti preferiscono decisamente prendere misure precauzionali, a volte forse estreme, anzichè lasciare tutto in balìa degli eventi, e quanto accaduto sia con l’uragano Irene che con il satellite Uars lo conferma), dobbiamo capire qual’è il vero nodo del problema, che – nonostante le polemiche di alcuni – non può certo essere quello dell’informazione, soprattutto se consideriamo che i media nazionali, in Italia e nel mondo, non hanno dato molto spazio alla vicenda del satellite in rotta di collisione con la Terra.
Noi lo abbiamo fatto perchè siamo un giornale tematico, scientifico, che quotidianamente si occupa proprio di queste scienze ed è normale che per noi questa fosse la notizia del giorno. Su MeteoWeb parliamo del satellite Uars non da 48 ore, ma da quasi un mese, da quando per la prima volta s’è saputo che sarebbe arrivato sulla Terra. E i nostri lettori lo sanno bene: non sono certo stati sorpresi di sentir parlare di Uars, in quanto già da settimane ne erano al corrente.
Per quanto riguarda le notizie e le informazioni su Uars, il punto non era soltanto il rischio della caduta dei frammenti (che è sempre stato molto basso, come specificato in ogni articolo), e le conseguenze su cose o persone, ma anche l’evento in sè, la possibilità di osservare nel cielo uno spettacolo suggestivo e affascinante, l’idea (o meglio, il problema!) che un satellite cada incontrollato dallo spazio sul nostro pianeta.
Ed è proprio su quest’aspetto che dovremmo concentrarci di più, interrogarci, capire come stanno le cose e prendere urgenti provvedimenti. Invece non ne parla nessuno, in tanti pensano a fare polemica sull’informazione lasciandosi sfuggire qual’è il vero nodo della questione.
Solo il sindaco di Udine, ieri, ha alzato la voce sull’argomento. Un problema serissimo: la spazzatura spaziale, che è a livelli critici. Intorno al nostro pianeta, nello Spazio, ci sono oltre 42.000 frammenti e rottami, basti pensare che lo scorso 30 giugno l’Iss, la Stazione Spaziale Internazionale che orbita intorno alla Terra per importanti studi scientifici e astronomici, è stata evacuata (sì, gli astronauti sono dovuti scappare in un ‘hangar’ d’emergenza, abbandonando per ore il loro lavoro!) per il rischio di essere colpita da un frammento di un altro satellite.
Proprio il frammento di un vecchio satellite ha urtato Uars, qualche anno fa, cambiando la sua rotta e mandandolo verso la Terra in modo incontrollato, provocando l’apprensione delle scorse ore.
Il problema dei rifiuti spaziali è serio e va affrontato in questo momento che l’attenzione su una tematica così scottante è senza dubbio molto elevata.
C’è chi pensa che la scoperta di altri mondi, la possibilità di andare sulla Luna e su Marte, ci possa garantire – in quanto umanità – un futuro anche se le condizioni della Terra dovessero peggiorare.
Ma non ci stiamo accorgendo che, intanto, stiamo inquinando anche lassù.