
Assieme alle coste liguri, al genovese, ad alcune aree della Sardegna orientale e meridionale, della Calabria centro-meridionale e della Campania, il messinese è una delle aree più vulnerabili al rischio idrogeologico e all’esposizione agli eventi alluvionali lampo, anche di grossa portata. Spesso il fattore orografico e la complessa composizione geomorfologica del territorio messinese possono agevolare degli eventi rapidi ma dagli esiti davvero devastanti. Sin dai tempi antichi si hanno tracce di alluvioni particolarmente distruttive che hanno causato degli spopolamenti lungo le aree costiere, in prossimità dei principali corsi d’acqua. Anche le aree del messinese tirrenico (le stesse duramente vulnerate dalla grave alluvione di martedi scorso), ciclicamente, sono state duramente colpite da eventi meteorologici cosi estremi, ma rapidamente dimenticati dalla memoria corta degli uomini, da mettere sott’acqua interi centri abitati, interrando paesi e abitazioni. Innumerevoli sono gli episodi datati tra il 1600 e il 1800 che hanno cagionato morti e danni ingentissimi, specie alle coltivazioni e nel settore agricolo. Risalendo fino al 1900 gli esempi iniziano a divenire sempre più documentati fino ai giorni nostri a cominciare dalle inondazioni che fra gli anni 20 e 30 flagellarono molte zone del messinese tirrenico e l’area nebroidea, con l’innesco di grossi smottamenti. Su tutti va ricordato quello “storico” del 1922 che costrinse gli abitanti del paese di San Fratello a trasferirsi nel borgo denominato “Marina di Acquedolci”, in ricoveri di fortuna nei pressi della località Buonriposo. Allora il governo nazionale, sotto l’autorità del ministro della guerra, Antonino Di Giorgio, varò la legge n° 1045 del 9 Luglio 1922, che prevedeva la ricostruzione dell’abitato di San Fratello in altro luogo, identificato nella frazione “Acquedolci”. In pochi anni il governo fascista passo subito all’azione costruendo degli alloggi popolari, prestigiose palazzine in stile liberty, l’edificio delle poste, i telegrafi e altre infrastrutture che fecero di Acquedolci un centro moderno per l’epoca.

Andando avanti con gli anni non si può fare a meno di citare la disastrosa alluvione che nel Novembre del 1958 mise sott’acqua una intera provincia, dalla fascia ionica a quella tirrenica, con piogge di carattere torrenziale che sono durate per oltre 4-5 giorni. L’enorme quantità d’acqua caduta causò l’immediata ondata di piena di tutti i torrenti e i corsi d’acqua, fra cui l’Alcantara, che scendono dal versante meridionale dei monti Peloritani. Il torrente Agrò e il Savoca erano talmente gonfi da esondare sulle rispettive vallate, sommergendo sotto vari metri di acqua e fango campagne e centri abitati circostanti. In alcuni casi, come a S.Teresa e a S.Alessio, nel comprensorio ionico, la furia dell’ondata di piena dell’Agrò fu tale da disintegrare interi edifici, palazzi di vari piani e la chiesa della Madonna del Carmelo. A S.Teresa di Riva il quartiere Bucalo, il più colpito, rimase allagato per più di 7 giorni. All’ora, però, si realizzo una situazione sinottica (configurazione barica) di blocco che attivò un intenso richiamo molto umido sciroccale dal mar Libico e dallo Ionio, con forti correnti da E-SE che causarono imponenti mareggiate lungo tutta la costa ionica, con ondate gigantesche, alte più di 5-6 metri, che si abbatterono sino alle abitazioni del lungomare. La forza del mare ostacolò il deflusso delle acque piovane trascinate a gran velocità dalle ondate di piena dei torrenti, determinando il cosiddetto “effetto tappo” che favorì le conseguenti esondazioni dei corsi d’cqua, ormai arrivati al limite della sopportazione. In quei giorni in tutta la fascia ionica messinese che va da Roccalumera a Giardini Naxos, e sulle aree più interne dei Peloritani meridionali e del vicino retroterra barcellonese, si registrarono apporti pluviometrici di tutto rispetto. Basta ricordare che Antillo in pochi giorni sfondò i 1000 mm. Notevoli pure i 1018 mm archiviati da Francavilla di Sicilia in meno di un mese.

Un disastro d’altri tempi, direbbe qualcuno.