Alluvione Russia, il numero dei morti non è ancora definitivo e cresce la rabbia

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Cinque giorni dopo l’alluvione nella regione russa di Krasnodar, sul Mar Nero, non è possibile determinare il numero esatto delle vittime. La circostanza genera indignazione sulla stampa e tra la popolazione locale, ma anche commozione e partecipazione da Mosca: la gente ha contribuito con 2,5 milioni di euro, beni di consumo, vestiti, e persino il primo ministro Dmitry Medvedev ha versato interamente il suo stipendio mensile da premier sul conto di Sberbank destinato agli alluvionati. Tuttavia la gestione della crisi lascia ampi spazi alle polemiche. E anche da questo punto di vista la tragedia ricorda da vicino l’affondamento del sottomarino Kursk, quando 12 anni fa, Vladimir Putin – appena eletto e al suo primo mandato presidenziale – dovette affrontare un’estate ‘calda’. Ieri come oggi, il numero dei morti oscillò per diversi giorni, “come se invece di un sottomarino fosse stato un tram”, per citare la Komsomolskaja Pravda di allora. In quel caso fu Putin a ufficializzare la cifra finale: 118 marinai. Ieri il Ministero delle Situazioni di Emergenza ha insistito sul fatto che nelle alluvioni sono decedute 171 persone, la commissione d’inchiesta parla di 164 morti, il ministero della Salute ha detto che i decessi sono saliti a 165, e questo lo ha ripetuto in serata il governatore di Krasnodar, Alexander Tkachev. La differenza deriva dal fatto che alcuni considerano solo i corpi, altri anche le persone scomparse e mancanti all’appello. L’inviato speciale di Kommersant Oleg Kashin, descrivendo il disastro di Krymsk, ha citato un anonimo rappresentante del comitato investigativo, secondo il quale, i morti sono 175. Le polemiche tuttavia nascono anche in maniera approssimativa e pedestre. Una donna di Krymsk, andata a identificare il corpo annegato della zia, ha raccontato che ha dovuto firmare il registro al numero 315, deducendo che si trattasse della 315esima vittima dell’alluvione. E’ stato successivamente spiegato che i registri partono dall’inizio dell’anno. Una rabbia cieca ha travolto la popolazione del sud della Russia, messa in gioncchio dalle alluvioni in Crimea di sabato scorso. Un disastro anche mediatico. Le autorità locali ora riconoscono che nella zona il 20% delle persone vive in maniera abusiva, senza registrazione. Poi ci sono le polemiche sui risarcimenti dello stato. Inizialmente si era parlato di 250 euro a persona, ma se la famiglia supera le 5 unità, la somma verrà ridotta. A questo si aggiunge una ritenuta fiscale. Tutti particolari che contribuiscono ulteriormente al malcontento, generato – in ognuno di loro – principalmente dal non sapere perchè nella notte di sabato una valanga di acqua ha travolto la propria casa. Ed è tutto sempre più simile alla lontana estate del Kursk, quando un sottomarino della marina militare russa, andato a fondo in circostanze misteriose, fece infuriare le 118 madri dei marinai morti e le fece organizzare in un Fondo che chiedeva giustizia e cercava i responsabili. “Le autorità devono informare tempestivamente e con precisione le persone, per non far sì che la mancanza di informazioni generi il panico, e ogni sorta di voci e speculazioni”, ha detto a proposito dell’alluvione Valentina Matvienko. All’epoca del Kursk era vicepremier con delega al Welfare e fu colei che affiancò Putin nella soluzione della vicenda. Oggi è presidente del Senato.

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