Sono sempre più tragiche le condizioni delle neve perenni del Kilimangiaro, la montagna più famosa dell’intero continente africano. L’imponente e spettacolare monte, alto ben 5895 metri, è la più alta vetta dell’Africa. Il Kilimangiaro non è altro che uno “stratovulcano” (vulcano di forma generalmente conica costituito dalla sovrapposizione di vari strati di lava solidificata) in fase di quiescenza. Sulle sue origini e sulle ultime eruzioni si sa davvero molto poco, anche se nel 2003 dei vulcanologi in missione sulla vetta hanno constatato la presenza di una certa quantità di magma a soli 400 metri sotto il cratere. Segno che l’ipotesi di una possibile eruzione in futuro non è che sia poi tanto campata in aria. Fin dal 1912 il ghiacciaio che copriva per intero la sommità del Kilimangiaro si è visibilmente ritirata del 75%, mentre il volume del ghiaccio è adesso ridotto dell’80% rispetto l’estensione che riportava un secolo fa, a causa delle temperature sempre più elevate e dell’innalzamento sempre più di quota della linea dello “zero termico”. In 14 anni, dal 1984 al 1998, una porzione del ghiacciaio in cima alla montagna regrediva di oltre 300 metri. Uno studio del 2002, ed altri successivi condotti da vari glaciologhi, hanno potuto costatare che se le attuali condizioni persisteranno anche nei prossimi anni, i ghiacciai sul Kilimangiaro potranno addirittura scomparire tra il 2015 e il 2020. Una relazione stilata nel Marzo del 2005 indicava che sulla montagna è rimasto poco o niente del ghiacciaio, ed è la prima volta in 11.000 anni che porzioni rocciose della vetta rimangono esposte.
Durante una ricerca condotta sul campo, nel 2006, gli scienziati scoprirono un enorme buco in prossimità della parte centrale del ghiacciaio. Questo buco, che si estendeva attraverso il ghiacciaio rimasto (spesso 6 metri) fino alla roccia sottostante, sarebbe cresciuto entro il 2007 fino a dividere il ghiacciaio in due parti. Poco più a nord del Kilimangiaro si trova il monte Kenya, il quale con i suoi 5 199 m è la seconda vetta più alta del continente africano. Il monte Kenya ha un certo numero di piccoli ghiacciai che hanno perso almeno il 45% della loro massa fin dalla metà dell’ultimo secolo. Secondo una ricerca effettuata dalla U.S. Geological Survey (USGS), c’erano diciotto ghiacciai in cima al Monte Kenya nel 1900, e nel 1986 ne rimanevano soltanto undici. L’area totale coperta dai ghiacciai era di 1,6 km2 nel 1900. Dal 2000 ne rimase soltanto circa il 25%, vale a dire circa 0,4 km2. A ovest del monti Kilimangiaro e Kenya, la Catena del Ruwenzori si innalza a 5109 metri. L’evidenza fotografica di questa catena montuosa indica una marcata riduzione delle zone ricoperte dal ghiaccio nell’ultimo secolo. In 35 anni, tra il 1955 e il 1990, i ghiacciai sulla Catena montuosa del Ruwenzori sono regrediti di circa il 40%.
Essendo direttamente esposti al flusso di aria molto umida che proviene dall’ampio bacino del Congo (“Congo air”), dove domina la lussureggiante foresta pluviale equatoriale che quotidianamente fornisce all’atmosfera enormi quantità di vapore acqueo (lo stesso che stimola la forte attività convettiva dell’area), i ghiacciai della Catena montuosa del Ruwenzori si riducono a un tasso minore rispetto a quelli del Kilimangiaro o del Kenya. Proprio quest’ultimi, negli ultimi anni, sarebbero penalizzati anche dall’intenso disboscamento che in pochi anni ha disintegrato interi lembi di foresta pluviale, che caratterizzavano le pendici di queste enormi montagne. La distruzione di queste foreste, che un tempo dominavano i versanti più bassi del Kilimangiaro e del monte Kenya, ha causato una conseguente forte riduzione dell’umidità in tutta l’area, con serie ripercussioni sul microclima che caratterizza l’area. Il venir meno dell’apporto umido, fornito dalle rigogliose foreste pluviali, ha alterato (non di poco) il regime pluviometrico nella regione, portando ad una sensibile riduzione delle precipitazioni nevose sulle principali vette africane. La riduzione delle precipitazioni nevose, dal canto suo, sta contribuendo ad accelerare la fusione di questi preziosi ghiacciai. In sostanza oggi sulle cime del Kilimangiaro e del monte Kenya nevica sempre meno frequentemente, e quando si verificano precipitazioni sempre più spesso capita che la quota neve, dove subentra lo “zero termico”, si porti sempre in alto, al di là dei 5300-5400 metri.