La Sfinge, situata a sud-est della Grande Piramide, lungo la rampa che sale verso il tempio funerario di Chefren, per via delle sua incredibili misure (è lunga 73 metri, larga 6 metri e raggiunge, nel suo punto più alto, un’altezza di 20 metri) è considerata la più grande statua monumentale al mondo, scolpita in un unico sperone di roccia, su cui furono aggiunti, sulla base, dei blocchi di pietra, in occasione delle numerose ristrutturazioni a partire dalla XVIII dinastia. La colossale statua, che fonde l’elemento zoomorfo (corpo leonino) con quello umano (testa umana), col corpo allungato, le zampe protese e un copricapo reale, è il simbolo dei misteri archeologici per eccellenza, con i suoi occhi fissi all’orizzonte orientale, mentre scruta da tempo immemore il sole nascente ogni mattina, facendo breccia nell’immaginario di turisti e curiosi, storici e non. Il suo nome, che deriva dal greco antico e significa “strangolatrice”, evidenzia l’aspetto aggressivo e misterioso di questa costruzione. L’archeologia ufficiale fa corrispondere il volto della Sfinge a quello del faraone Chefren, in base a un’iscrizione trovata su una stele di granito posta fra le zampe anteriori della colossale statua…iscrizione che racconta del faraone Thutmose IV, cui apparve in sogno il Dio Sole Ra-Harakhte, che gli promise il regno se avesse liberato la Sfinge dalla sabbia che l’aveva ricoperta, sin da quando la necropoli di Giza venne abbandonata. Così fece e, divenuto Re, fece scolpire la stele di granito, detta “Stele del sogno” per commemorare l’evento: essa raffigura due leoni sopra due templi, uno di spalle all’altro, uno rivolto ad est ed uno ad ovest. Diego Baratono, ricercatore indipendente, ha per primo sollevato la questione relativa alla possibilità dell’esistenza di una seconda sfinge ad El Giza. E’ quindi sua la paternità esclusiva di questa idea. Va precisato che non sono in molti gli studiosi che pensano a questa evenienza e che Baratono ha condotto due esplorazioni nel luogo in cui dovrebbe esistere questa seconda sfinge. Si sono trovate alcune indicazioni da prendere in seria considerazione, oltre al fatto che sono proprio i testi dell’Egitto Antico a suggerire l’eventualità della sua esistenza.
Tanti sono poi i racconti sul naso della Sfinge, secondo i quali la sua distruzione avvenne per un colpo sparato da un Mamelucco, o da un Ottomano o da un Francese; in realtà andò perso prima del XV secolo. In origine la Sfinge aveva anche una finta barba stilizzata, simbolo di regalità, ma anch’essa scomparve. Un pezzo di roccia prelevato dal luogo in cui essa sorgeva sulla sabbia, è oggi conservato nel British Museum di Londra. Intagliata in un unico sperone roccioso, tranne le zampe, realizzate con blocchi di riporto, la Sfinge sarebbe una raffigurazione emblematica del re, il cui corpo leonino costituirebbe l’archetipo della regalità e la testa regale, cinta dal nemes (il copricapo portato solo dai faraoni), il potere. Avvolta da un alone enigmatico, non è solo il simbolo dell’Egitto, ma del mistero stesso. Secondo la teoria più consolidata, fu costruita attorno al 2500 a.C. dal faraone Chefren. Perciò, quando nel 1991 si è dimostrato, tramite una serie di prove geologiche, che essa venne costruita almeno 6000 anni prima di Cristo (quindi 3000 anni prima dell’inizio della civiltà Egizia), il mondo conservatore dell’egittologia fu scosso e incredulo. Ma nel ‘900 si è imposta una teoria diversa: quella che la “Guardiana di Giza” col volto umano ed il corpo leonino, fosse stata costruita tra il 2520 e il 2494 a.C., durante il regno di Chefren; opinione accettata all’unanimità dagli egittologi; anche sulla base del fatto che il viso della Sfinge assomiglia a quello del Faraone immortalato in una statua conservata nel Museo Egizio del Cairo.
Usando metodi piuttosto insoliti, però, John Antony West, uno scrittore ed egittologo autodidatta, avvalendosi dell’aiuto del tenente Frank Domingo del Dipartimento di Polizia Giudiziaria di New York, che aveva accumulato una grande esperienza ricostruendo per il tribunale visi sfigurati e mutilati, evidenziò grosse lacune nell’accostamento della Sfinge al Faraone : dopo aver realizzato disegni dettagliati di entrambi, concluse che le due statue raffiguravano individui diversi. West tentò allora un’altra strada: quella di dimostrare che l’erosione della Sfinge era dovuta alle piogge e non al vento del deserto, avvalendosi della collaborazione di Robert Schoch, dell’Università di Boston e coinvolgendo nella ricerca Thomas Dobecky, sismologo di Houston. Gli esperimenti di Dobecky e le osservazioni di Schoch dimostrarono che il corpo della Sfinge era stato scolpito in fasi distinte e che la parte anteriore del monumento, profondamente erosa, era più antica di circa 3000 anni rispetto alla parte posteriore. La conclusione di Schoch, in particolare, fu che Chefren, avendo trovato la Sfinge non ancora terminata, la completò e restaurò con i templi intorno, facendo sistemare lastroni di granito sopra il calcare.
Ma la Sfinge è oggetto di discussione non solo per la sua superficie, ma per ciò che si celerebbe nella parte ipogea (sotterranea). Nel 1984, Dobecky, grazie all’uso di vibrazioni, comprese che dovevano essere presenti una o più camere dentro il gigantesco animale. L’ingegnere acustico Tom Danley, dovendo restare in loco per condurre una serie di test sull’eventuale risonanza acustica delle piramidi, scoprì una piccola apertura all’estremità posteriore della statua e, entrandoci, notò una biforcazione che da un lato scendeva per circa 3 metri e mezzo, mentre dall’altro saliva per il corpo della Spinge, fermandosi. Avevano ragione: nel corso del 2001, il professor Zahi Hawass, archeologo di fama mondiale, direttore generale dell’area archeologica di Giza, ha dichiarato di aver trovato, all’interno della Sfinge, 4 passaggi sotterranei, di cui tre lunghi 5 metri, mentre l’ultimo, che corre lungo la coda, è lungo 12 metri; scavati in epoca tarda, probabilmente da coloro che cercavano reperti archeologici o dai ladri di tombe.
In seguito una missione archeologica dell’università della Florida ha condotto indagini sotto la Sfinge col raggio X (radar), comunicando che sotto di essa esisterebbe una camera enorme, così come un’altra camera gigante esisterebbe anche vicino alla piramide di Cheope. Il permesso per procedere allo scavo sotto la Sfinge non è stato però accordato dato che, come afferma Hawass, quando un raggio X rivela una buca o una fosse direttamente sotto la Sfinge, le persone che hanno la mania dell’antichità vedono in quelle che in realtà sono fessure o crepe, una stanza. Le ipotesi sulla natura della Sfinge si conseguono senza sosta e il mistero è ancora fitto: l’incognita di quello sguardo perso fra le sabbie del deserto continua a rappresentare uno degli enigmi più affascinanti dell’egittologia e dell’archeologia in genere.