Come ogni anno, in concomitanza con le festività pasquali si scatenano le polemiche sulle previsioni meteo. “Sono sbagliate“, accusano gli operatori turistici. “Portano pioggia e poi invece splende il sole“. E’ un tormentone che ormai puntuale arriva insieme alla Pasqua di anno in anno, e sfogliando le pagine dei principali giornali ci si ritrova a girare intorno alle solite questioni e alle solite polemiche. In realtà dietro questa situazione di “tensione” tra categorie (meteorologi da un lato, operatori turistici dall’altro) c’è un dato di fatto di fondo: le previsioni del tempo, che sono sempre difficili da azzeccare, diventano ancor più incerte nelle stagioni intermedie (primavera e autunno), proprio quando si verificano le festività Pasquali, a metà strada tra l’inverno e l’estate.
Molto spesso, infatti, la “prognosi” previsionale per i giorni di Pasqua e Pasquetta è impossibile da sciogliere se non con poche ore d’anticipo, a causa dei repentini cambiamenti della situazione tipici di questo periodo dell’anno. Effettivamente in alcune località è stata annunciata pioggia, e poi invece c’è stato il sole. Ma non è il caso di quest’anno: un po’ tutti avevamo previsto maltempo soprattutto al centro/nord, e così è stato sia a Pasqua e a Pasquetta che il 25 aprile. Qualche schiarita momentanea c’è stata invece al Sud, dove però le condizioni del tempo sono rapidamente peggiorate nei giorni subito successivi alla Pasquetta e al 25 aprile, con forti piogge e temporali puntuali come previsto rispetto alle ultime previsioni. Le ultime, appunto, perchè la meteorologia non solo non è una scienza esatta, ma non consente di potersi spingere troppo in là nelle previsioni. Troppo in là significa oltre i 6-7 giorni come linea di tendenza, e oltre i 2-3 giorni come previsione nel dettaglio. Che in situazioni così particolari e delicate, significa solo 24 ore d’anticipo per avere una previsione che con grande probabilità si rivelerà esatta. Se, quindi, oggi consultiamo il meteo per dopodomani, è meglio dargli nuovamente un’occhiata domani perchè intanto la previsione potrebbe cambiare. E’ lo stesso problema che si pone per il 1° maggio, giovedì: c’è il rischio di piogge e temporali soprattutto nelle Regioni Adriatiche, in Puglia e al nord/est, ma solo mercoledì potremo avere un quadro preciso della situazione.
Solo d’estate, come oggi ha spiegato benissimo Massimiliano Pasqui (nella foto a destra), fisico dell’atmosfera dell’Istituto di biometeorologia del Cnr, in un’intervista al Corriere della Sera, le previsioni sono attendibili anche a medio/lungo termine, perchè – in soldoni – quando c’è l’anticiclone si può capire in anticipo se durerà a lungo. Ma la variabilità, specie se è diffusa a macchia di leopardo, è difficile da prevedere e da individuare nella precisa località. Ecco perchè, poi, il proliferare di previsioni meteo automatiche comune per comune su siti internet e app per smartphone non fa altro che disorientare gli utenti del meteo: sono dati inesatti, spesso carenti delle conoscenze geografiche e morfologiche del territorio, quindi la previsione spesso e volentieri si rivela errata. La grafica è sicuramente bella e accattivante, la ricerca del proprio comune di appartenenza o di quello di destinazione per i vacanzieri è semplice e immediata. Ma se poi la previsione si rivela errata, che senso ha? Non per niente sia la protezione civile che l’aeronautica militare affidano il proprio servizio meteorologico a previsioni testuali che spiegano la situazione e illustrano a parole cosa succederà, dove si verificheranno i fenomeni di maltempo attesi e di che entità saranno. Certo, per leggere un articolo bisogna perdere più tempo ma oggi è l’unico modo per poter capire davvero come sarà il tempo in una specifica località con un margine d’errore che si rivela il più basso possibile.
Il problema di fondo non è scientifico: non appartiene alla meteorologia o ai meteorologi, che sono colti e preparati.
Il problema è di cultura, di cultura di base: in Italia manca una cultura della meteorologia, perchè questa fantastica scienza non si studia nelle scuole e nelle università, perchè la gente si divide tra chi vive le previsioni in modo eccessivamente allarmistico e decide di non muoversi di casa se solo è previsto qualche piovasco, e chi invece se ne infischia del tutto e rischia di avventurarsi anche in luoghi pericolosi quando sarebbe meglio evitare. Dovremmo piuttosto prendere esempio dai Paesi a cultura anglosassone, dove le previsioni del tempo fanno parte della vita quotidiana e ognuno si aggiorna più volte al giorno, di ora in ora, sulla situazione meteo in diretta. Un “nowcasting” eccezionalmente diffuso a livello popolare in tutte le case e in tutte le famiglie, a volte fondamentale per tutelare la popolazione come accaduto in queste ore a Tupelo dove le scuole sono state evacuate con due ore d’anticipo per l’arrivo di un violento tornado che poi ha distrutto tutto.
Finchè non avremo questo tipo di cultura di base e continueremo a considerare la meteorologia una scienza assimilabile all’astrologia, non ci sarà meteorologo che tenga. Perchè anche il più preparato verrà considerato alla stregua di una Wanna Marchi qualunque…