Bomba d’acqua a Refrontolo pari al carico di 15 tir: pioggia torrenziale nel luogo sbagliato

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Refrontolo 2E’ stato pari al carico di 10-15 Tir il volume di materiale che la cascata d’acqua precipitata sull’alveo del Molinetto della Croda ha proiettato attorno. Il dato, elaborato dai tecnici del Genio e della Protezione Civile, e’ stato comunicato dal presidente Luca Zaia nella conferenza stampa a Refrontolo cui ha preso parte il ministro Gian Luca Galletti. In due ore, nell’area sono caduti dai 60-80 millimetri d’acqua per metro quadro, per una stima di 500mila metri cubi di pioggia su un’area ristretta. Tutta questa quantita’ di pioggia, e’ stato spiegato, e’ caduta su un alveo, quello del torrente Lierza, che a monte e’ di circa 30 metri, ma superata la forra del molino diventa di soli 5 metri. L’effetto e’ stato quello di una cascata ‘compressa’, che e’ deflagrata finendo nel piccolo bacino davanti al Molinetto, dove ha scavato una voragine di cinque metri.

“Vorrei tornare sulla tragedia di Refrontolo e sulle tante ipotesi, piu’ o meno fondate, circa le cause di quanto e’ avvenuto, che ha provocato la perdita di quattro vite umane, il ferimento di altre persone ferite, la perdita di beni e ferite da riparare nel territorio. Il Fiume Giallo, culla della Cina, negli ultimi 4 mila anni sembra sia straripato 1600 volte. Si dice che i cinesi proclamarono come loro primo imperatore l’idraulico che riusci’ a domare il “Dragone”, realizzando con l’aiuto di tutti canali, bacini e deviazioni che evitarono le periodiche disastrose esondazioni del grande fiume. Lo dice Maurizio Conte assessore all’ambiente del Veneto. “Parto da qui per ricordare che la storia d’Italia e la storia del Veneto, imperatori a parte, non e’ diversa: e’ storia di regimazione dell’acqua. Che vuol dire arginatura dei fiumi, costruzione di canali, briglie e invasi, manutenzione. Non sono un tecnico ma so che non esiste l’opera perfetta, quella finale – sottolinea -. ITALY-FLOODLa natura sul nostro pianeta non e’ mai identica a se stessa per l’intero corso del tempo. Ogni opera idraulica alla quale l’uomo mette mano e’ pensata e realizzata in funzione di una quantita’ d’acqua teorica, che di solito e’ quella piu’ elevata che si presume possa cadere all’interno del territorio dove l’opera viene collocata, con lo scopo di raccogliere agevolmente tutte le acque piovane e non. La quantita’ teorica tiene anche conto dei cosiddetti tempi di ritorno: e’ improbabile che un evento assolutamente eccezionale con precipitazioni superiori alla capacita’ dell’invaso si verifichi piu’ di una volta ogni 20, 50, 100, 500 anni. Insomma un’opera risponde anche a quesiti di tipo statistico. In ogni caso, il sistema cosi’ realizzato richiede una manutenzione continua: pulizia, recupero delle lesioni, niente alberi in alveo che indeboliscono gli argini e cosi’ via”. Il mondo della bonifica, continua, sa bene dove nel Veneto possono avvenire allagamenti in presenza di forti precipitazioni e dove dunque si deve intervenire per modificare la situazione migliorando le opere: e’ un calcolo matematico. Questa e’ la teoria, che di massima funziona finche’ non viene smentita dagli eventi. Ovvero finche’ non capita una precipitazione di potenza tale da superare ogni previsione, anche la piu’ pessimistica. A Refrontolo i dati finora disponibili ci dicono che e’ avvenuto proprio questo: precipitazioni fortissime nei posti sbagliati che hanno creato sul torrente un’onda di piena imprevedibile, il cui effetto potrebbe essere stato accresciuto anche da accumuli di detriti, sedime e altro, che pero’ non sembrano essere la causa primaria della disgrazia”. Con questo tipo di eventi atmosferici, diversi e’ piu’ catastrofici, sostiene l’assessore veneto, “dobbiamo abituarci a convivere. Luglio e questo scorcio di agosto ce lo stanno dicendo ovunque, non solo a Refrontolo. Nel recente passato non sono mancate ne’ avvisaglie ne’ alluvioni e quella del 2010 e’ li’ a ricordarcelo. La troppa acqua caduta e’ anche la principale causa delle frane registrate nelle cosiddette colline del Prosecco, le quali non hanno affatto l’esclusiva dei movimenti franosi del nostro Veneto, perche’ negli ultimi anni questi fenomeni hanno interessato sempre piu’ e continuano ad interessare tutto il territorio regionale. Noi possiamo mitigare, la collettivita’ puo’ dare una mano con la manutenzione e segnalando gli inconvenienti, possiamo ridurre al minimo il rischio. Per questo servono soldi, quei soldi che lo Stato non mette da anni piu’ a disposizione. Ma non potremo mai essere sicuri al 100 per cento – conclude – di aver sopraffatto la natura, che resta li’ a smentirci quando meno ce l’aspettiamo”.

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