La disgregazione nel 2002 della piattaforma di ghiaccio di Larsen, un’enorme lastra delle dimensioni della Valle d’Aosta situata sulla costa orientale della Penisola Antartica, e’ il risultato dell’aumento della temperatura atmosferica e dello scioglimento della superficie del ghiaccio, piuttosto che del rapido cambiamento della struttura del ghiacciaio e delle variazioni di temperatura degli oceani. Lo sostiene uno studio pubblicato oggi su Science, frutto del lavoro di un team internazionale cui hanno preso parte anche gli italiani Michele Rebesco e Fabrizio Zgur, ricercatori dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste. Nell’indagine sono stati analizzati con il radiocarbonio i sedimenti prelevati al di sotto dei ‘Grounding Zone Systems’, le linee di distacco, cioe’ le aree in cui la transizione tra il ghiaccio continentale e le piattaforme di ghiaccio galleggiante aiutano a regolare il flusso di ghiaccio. I rilievi hanno mostrato che sul fondo del mare, dalla fine dell’ultima era glaciale, e’ cambiato molto poco, e che la perdita di contatto del ghiaccio con il fondo in questo sito risale circa 12mila anni fa. Cio’ significa, spiegano gli esperti, che il recente e rapido crollo della piattaforma di Larsen e’ stato probabilmente una risposta al clima piu’ caldo e al conseguente riscaldamento della superficie del ghiaccio, piuttosto che all’instabilita’ della linea di distacco e all’assottigliamento della piattaforma. La nuova scoperta, sottolineano i ricercatori, dimostra che le piattaforme di ghiaccio possono cambiare in periodi brevi, alla scala della vita umana, e che il riscaldamento della superficie dei ghiacci, generato da quello dell’atmosfera, e’ la causa scatenante dello sviluppo di pozze di fusione e crepacci, che permettono all’acqua degli oceani di infiltrarsi nei ghiacci e di provocare scioglimenti di grandi proporzioni.