Da un piccolo cimitero in Toscana nuovi indizi sull’evoluzione del colera

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Gli archeologi e i loro studenti hanno trascorso le ultime quattro estati scavando ciò che rimane di una sezione speciale del cimitero

coleraUn piccolo e antico cimitero italiano protagonista di una ricerca internazionale per far luce sui punti deboli del colera. Un team di archeologi e altri ricercatori internazionali spera, infatti, che dall’antico cimitero che circonda la chiesa abbandonata di Badia Pozzeveri (provincia di Lucca), in Toscana, possano arrivare nuovi preziosi indizi per battere il bacillo mortale che causa il colera. Il sito contiene le vittime dell’epidemia di colera che ha travolto il mondo nel 1850, spiega Clark Spencer Larsen, professore di antropologia presso la Ohio State University e uno dei leader del team di scavo. Gli archeologi e i loro studenti hanno trascorso le ultime quattro estati scavando ciò che rimane di una sezione speciale del cimitero, utilizzata all’epoca proprio per le vittime del colera. Trovare tracce del patogeno che ha causato l’epidemia tra i resti umani potrebbe rivelare importanti dettagli su come le persone vissero – e morirono – in questa regione d’Europa. “A nostra conoscenza, questi sono i resti meglio conservati delle vittime del colera di questo periodo mai trovati”, ha detto Larsen. “Siamo molto entusiasti di ciò che potremmo essere in grado di imparare” dal piccolo cimitero italiano. Larsen ha discusso della sua ricerca in occasione della riunione annuale dell’American Association for the Advancement of Science in corso a San Jose. I corpi delle vittime del colera sono stati frettolosamente sepolti e coperti di calce, che si è indurita come cemento intorno ai corpi. I ricercatori sospettano in questo modo si cercasse di bloccare la diffusione della malattia. Senza volere, però, questi ‘scrigni’ di calce si sono rivelati ottimi per la conservazione delle ossa umane. Non solo, la calce ha intrappolato il terreno attorno ai corpi, che contiene l’antico Dna di batteri e altri organismi che vivevano negli esseri umani sepolti. Il team sta ora analizzando i campioni di terreno a caccia del Dna del vibrione del colera. “Non lo abbiamo ancora trovato, ma siamo fiduciosi. Abbiamo trovato altro Dna associato all’uomo, e stiamo continuando la ricerca”, ha detto Larsen. Con in mano l’antico Dna del colera, i ricercatori puntano poi a capire in che modo questo pericoloso patogeno si è evoluto. Il confronto con esemplari moderni permetterà di avere in mano importanti informazioni per la messa a punto di una cura. Il progetto è iniziato nel 2010, ed è portato avanti insieme alla comunità locale da ricercatori dell’Ohio State e dell’Università di Pisa. Circa 20-30 scheletri sono stati scavati durante ciascuna delle ultime quattro campagne di scavo sul campo.

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