La molecola contenuta nel farmaco che agisce sul virus dell’epatite C è efficace al 100% su quasi tutti i pazienti, ma molti di questi rischiano di non potersi curare a causa dei costi eccessivi del farmaco
Il farmaco è un bene essenziale di ogni comunità, ed a fronte di questo principio che da sempre guida i sistemi sociali mondiali, la situazione che si sta disegnando in questi ultimi anni è preoccupante: farmaci “miracolosi” ma purtroppo inaccessibile a causa degli alti costi con cui vengono immessi sul mercato.
L’elenco dei farmaci “essenziali” inseriti nella lista dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è costituito in gran parte da “vecchie ricette” che per anni hanno dominato lo scenario medico e scientifico quali il cortisone, insulina, correttori della secrezione acida gastrica, anestetici, farmaci per il dolore e contro l’ipertensione, il Parkinson, i tumori.
Negli ultimi decenni però il fortunato lavoro di ricerca nel campo bio medico ha permesso di raggiungere alla sintetizzazione di molecole innovative, elemento cardine di nuovi e rivoluzionari farmaci che permetteranno di debellare malattie che fino a qualche decennio fa era impensabile curare come l’artrite reumatoide, alcune forme di neoplasie, ed hanno permesso di trovare la cura per uno dei virus che per decenni ha rappresentato una minaccia a livello globale ovvero l’Aids, e da poco, è possibile anche combattere l’epatite C.
Ma, i progressi raggiunti si scontrano inevitabilmente con il limite dei costi eccessivi che spesso raggiungono questi farmaci. Come nel caso del farmaco per l’epatite C; le nuove molecole contenute nei farmaci sono in grado di debellare il virus al 100%, risultati efficaci già testati ed in continua crescita, ma a discapito del portafoglio dei pazienti. Questa contraddizione di fondo purtroppo sta alla base di una situazione poco sostenibile: anche i Sistemi Sanitari dei Paesi più economicamente sviluppati stanno facendo fatica a rendere disponibili queste terapie a tutti coloro che ne devono beneficiare, ma ad oggi sono costretti a “permettere l’accesso” al farmaco solo ai pazienti che sono in uno stadio della malattia più avanzata. Gli esperti, medici e ricercatori ma anche gli stessi pazienti dunque lanciano un’importante allarme, quello che l’azione decisiva per risolvere il “gap farmaceutico” deve spettare in primis ai Governi più che alle aziende produttrici.Un esempio positivo da imitare potrebbe essere quello che si è verificato per i farmaci contro l’Aids: la creazione del Fondo Globale, l’accesso ai farmaci generici ed anche la condivisione delle industrie farmaceutiche dei diritti di produzione al di fuori del sistema brevettuale, come riportato su La Repubblica cono state azioni mirate ed idonee tali che oggi ben 14 milioni di pazienti nel mondo hanno potuto avere accesso alle cure del virus dell’Aids.