Giornata Mondiale dell’Epatite: “farmaci rivoluzionari ed efficaci, ma ancora non accessibili a tutti i malati”

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Da Riccione in corso ICAR, la VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus, la ricerca italiana a confronto in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Epatite: un milione e mezzo gli italiani colpiti, 170 milioni i pazienti nel mondo

Si celebra oggi la Giornata Mondiale dell’Epatite: un milione e mezzo gli italiani colpiti, 170 milioni i pazienti nel mondo. Tema al centro delle decine di relazioni nel corso della VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar), organizzato dai presidenti del Congresso Cristina Mussini, Laura Sighinolfi e Andrea Cossarizza, che si svolge presso il Palazzo dei Congressi sino al 19 maggio a Riccione, con oltre 1200 partecipanti, di cui 800 specialisti.

“Una giornata importante – spiega il Prof. Massimo Andreoni, presidente SIMIT e primario di Malattie Infettive al Policlinico Universitario Tor Vergata e perché serve a ricordare a tutti il flagello delle epatiti virali: una malattia che comporta migliaia di morti ogni anno in Italia, attraverso la cirrosi per colpa del tumore del fegato, ma anche di altre patologie, perché quando diciamo epatiti non sottolineiamo l’idea che queste sono malattie sistemiche che colpiscono tutti gli organi e gli apparati. E’ un momento di svolta per l’approccio terapeutico e la cura delle epatiti perché abbiamo farmaci efficacissimi, sia per quella B che per quella C: una malattia che può essere eradicata”.

Da sx Cristina Mussini, Laura Sighinolfi e Andrea Cossarizza
Da sx Cristina Mussini, Laura Sighinolfi e Andrea Cossarizza

“E’ stato rivoluzionario – aggiunge una dei tre presidenti del Congresso Prof.ssa Cristina Mussini, Professore Associato di Malattie Infettive e Direttore della Clinica Malattie Infettive e Tropicali, Università di Modena e Reggio Emilia – ciò che abbiamo assistito nell’ultimo periodo in fatto di farmaci: è per questo che abbiamo deciso di porre maggiore attenzione sull’Epatite C durante il nostro congresso. Non dimentichiamo, infatti, che più del 30% dei nostri pazienti, anche con infezione da Hiv, sono coinfetti con Epatite C. Porvi l’accento anche dal punto di vista scientifico e cercare di formare i clinici per trattare al meglio i pazienti con l’Epatite, sia monoinfetti che coinfetti, ci sembrava fondamentale. Il problema dell’accesso alla sostenibilità è una delle priorità in Italia, come più volte sostenuto negli ultimi giorni: occorre maggiore formazione per gli specialisti”. “E’ importante – prosegue il Prof. Andreoni – sottolineare tale momento storico, sia per la medicina in genere, sia per la storia italiana, perché il nostro è uno dei Paesi dove il flagello delle epatiti ha coinvolto maggiormente rispetto al resto del mondo. La SIMIT è sempre stata molto vicina all’AIFA e al Ministero della Salute per cercare di risolvere il problema della sostenibilità: il fatto di non poter trattare pazienti con questa malattia è semplicemente inaccettabile. Oggi siamo costretti a dover aspettare che questa malattia progredisca per poter curare i nostri malati: è un problema che deve essere risolto il prima pos

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