Salute: studio boccia la moda di mangiare la placenta, benefici non dimostrabili

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Anche se quasi tutti i mammiferi non umani ingeriscono la loro placenta dopo il parto, i primi casi documentati di donne che hanno fatto questa scelta risultano in Nord America nel 1970

Sono state celebrità come Nicole Kidman e Kourtney Kardashian ad adottare e promuovere l’ultima moda in fatto di parto, gravidanza e (presunta) salute: mangiare la propria placenta. Una scelta che però, sostengono gli scienziati della Northwestern Medicine in un nuovo studio, non ha benefici dimostrati. Sugli ‘Archives of Women’s Mental Health’ appare infatti la loro metanalisi di 10 lavori precedenti sull’argomento, che non danno prova scientifica degli effetti acclamati dalle ‘fan’ della placentofagia: miglioramento del dolore e della depressione post-partum, allattamento più facile, pelle più elastica, apporto di vitamine e ferro. Anche se quasi tutti i mammiferi non umani ingeriscono la loro placenta dopo il parto, i primi casi documentati di donne che hanno fatto questa scelta risultano in Nord America nel 1970. Ma negli ultimi anni, la popolarità della pratica è aumentata davvero molto. Ciò che è preoccupante, segnalano gli studiosi, è che non ci sono ricerche che abbiano esaminato i rischi legati all’ingestione di placenta, una sostanza che normalmente agisce come ‘filtro’ per proteggere il feto nella pancia della mamma dalle tossine e dalle sostanze inquinanti. “Esistono molti racconti soggettivi da parte di donne che hanno percepito dei benefici, ma non c’è alcuna ricerca sistematica che indaghi su questi benefici o i possibili pericoli”, dice Crystal Clark, psichiatra, fra gli autori dell’indagine e che si è interessata all’argomento dopo che una sua paziente ha domandato se mangiare la placenta potesse interferire con la terapia antidepressiva. “La nostra sensazione è che le donne che scelgono la placentofagia, che magari sono state molto attente a quello che hanno mangiato durante la gravidanza e l’allattamento, sono disposte a ingerire qualcosa senza che ci siano evidenze sui suoi benefici e, soprattutto, sui potenziali rischi per loro e per i loro neonati”, aggiunge Cynthia Coyle, prima autrice dello studio. “Non ci sono regole su come la placenta deve essere trattata e preparata per l’ingesione, e il dosaggio è incoerente. Le donne in realtà non sanno quello che stanno assumendo”. E per questo “è necessario fare delle ricerche ad hoc”.

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