Ricerca: la tecnologia 3D in ausilio dell’archeologia sottomarina

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La documentazione raccolta viene processata in ambiente 3D per proporre una ricostruzione dei reperti

Ricostruire le navi romane grazie alle immagini 3D raccolte nei fondali del Mar Mediterraneo, fotografando carichi di marmi naufragati. E’ l’obiettivo di ”Le rotte del marmo”, progetto che è un vero e proprio viaggio sottomarino, una ricerca archeologica tra i carichi di marmi di età romana imperiale naufragati nei mari dell’Italia meridionale. Nelle scorse settimane, ha toccato una nuova tappa: i ricercatori di Ca’ Foscari e Iuav hanno esplorato l’enorme carico, uno dei più grandi in assoluto del Mediterraneo antico, lasciato in fondo al mare da una nave nei pressi dell’Isola delle Correnti, in Sicilia. Si tratterebbe, secondo le stime, di 290 tonnellate di marmo, perlopiù proconnesio, proveniente dall’isola di Marmara, in Turchia. Le informazioni tratte da questa spedizione si aggiungeranno a quelle già raccolte a Punta Scifo, Calabria, e nel 2014 a Marzamemi e Capo Granitola, in Sicilia. In tutti questi casi si tratta di relitti di navi romane datati preliminarmente al III secolo d.C., con carichi di marmi orientali. La documentazione raccolta viene quindi processata in ambiente 3D anche grazie alla collaborazione di Simone Parizzi, ingegnere navale, per proporre una ricostruzione delle dimensioni, della forma della nave e delle sue caratteristiche idrostatiche. Il progetto, coordinato da Carlo Beltrame, pone le basi per una sempre più stretta collaborazione tra i due atenei veneziani e tra questi e la Soprintendenza del Mare di Palermo (soprintendente Sebastiano Tusa) nel campo della ricerca archeologica sottomarina.

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