Salute: anche il cervello del mirino della lotta al diabete

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“Diversi studi presentati al meeting suggeriscono che il cervello potrebbe diventare un bersaglio per nuove, future terapie”

Nel mirino degli scienziati in guerra contro il diabete finisce anche il cervello. “Finora non è mai stato considerato un organo metabolico, ma dialogando con altri come fegato e intestino potrebbe avere un ruolo nel controllo della glicemia”. Lo spiega Giorgio Sesti, presidente eletto della Società italiana di diabetologia (Sid), che fa il punto sulle nuove piste aperte dal 51esimo Congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd) in chiusura a Stoccolma. “Diversi studi presentati al meeting suggeriscono che il cervello potrebbe diventare un bersaglio per nuove, future terapie”, sottolinea l’esperto parlando ai giornalisti italiani. “Un altro tema al quale è stata data grande rilevanza – prosegue lo specialista, ordinario di Medicina interna all’università Magna Graecia di Catanzaro – è l’impatto devastante delle crisi ipoglicemiche che possono colpire un paziente diabetico in terapia, e che ora sembrano avere un ruolo anche in patologie un tempo considerate collaterali al diabete. Per esempio le forme di demenza simil-Alzheimer. Si comprende quindi la grande importanza di avere farmaci che non aumentano il rischio di attacchi ipoglicemici”. Sotto la lente dei ricercatori resta inoltre “il grasso viscerale: si è visto che rilascia nuove molecole, oltre a quelle già note finora, probabilmente coinvolte nello sviluppo dell’obesità e quindi del diabete di tipo 2”. Sul fronte della forma adulta di malattia, infine, Sesti rileva “la necessità di aumentare l’impegno nel campo della medicina di genere. Nelle donne, infatti, il diabete cancella i vantaggi che lo ‘scudo estrogenico’ normalmente assicura durante la vita fertile”. In altre parole, dal punto di vista del rischio cardiovascolare la malattia del sangue dolce ‘pareggia i conti’ fra maschi e femmine. Quanto invece al diabete di tipo 1 o giovanile, conclude Sesti, “si sta lavorando per chiudere il cerchio che permetterà di arrivare a un pancreas artificiale perfetto. Si tratta di ottimizzare il dialogo fra i sensori che misurano i livelli di zucchero nel sangue, sempre più sensibili, e i microinfusori che sulla base dei dati rilevati dal sensore erogano la dose di insulina che serve nell’istante in cui serve. La tecnologia fa passi da gigante e ci arriveremo”.

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