Antartide, nel punto più arido del permafrost non c’è vita

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Per quattro anni la ricercatrice Jackie Goordial, del Dipartimento di Scienze delle Risorse Naturali della McGill University, ha trivellato nel punto più arido del permafrost antartico per cercare prove di attività microbica. Ma dopo aver analizzato più di 1.000 campioni, il team di ricercatori del progetto Astep della Nasa ha dovuto ammettere l’evidenza: la vita non riesce a sopravvivere in queste condizioni estreme che persistono da almeno 150.000 anni, nemmeno i microbi. Con temperature che oscillano tra i -14°C e 0°C e un terreno troppo secco, le sole tracce presenti sono di microbi dormienti o che stanno lentamente morendo.
Il progetto Astep (Astrobiology Science and Technology for Exploring Planets) è un progetto ideato dall`agenzia spaziale americana con l`intento di testare un prototipo di trapano pensato per trivellare il permafrost di Marte. Da qui – spiega l’Agenzia spaziale italiana sul proprio sito web – la scelta di scavare nella University Valley in Antartide, precisamente nell’Altopiano di McMurdo, che ha numerose somiglianze con il terreno dove atterrò il lander Phoenix nel 2008 nella regione del Polo Nord di Marte. Ma l’iniziale speranza di trovare tracce di vita è andata via via svanendo e oggi sono arrivate le conclusioni definitive, nonostante i ricercatori abbiano fatto largo uso dei più sofisticati metodi di ricerca, praticando test sia in situ che in laboratorio. Hanno cercato tracce di Dna che si possono comunemente trovare nei microbi o funghi, stimolato la crescita microbica su una vasta gamma di sostanze per poi contare la produzione di cellule e analizzato le attività “respiratorie” dei microbi. Ma niente.
Scavare in Antartide, hanno raccontato i ricercatori, non è un gioco da ragazzi. Ogni volta che si scava nel terreno congelato che presenta tracce di ghiaccio, il processo di trivellazione crea delle frizioni che lo scioglie e “se ci si ferma anche solo per qualche secondo, il freddo congela il buco nel quale si è iniziato lo scavo, bloccando la trivella nel terreno – hanno spiegato -. Questa zona si presta come ottimo campo di addestramento per le future missioni su Marte e per lo studio di tracce di vita nel terreno, sia presente che passate”.
Anche se i risultati sono stati deludenti, la ricerca ha sicuramente aiutato a capire i limiti della vita in condizioni estreme. Se vi sono state difficoltà a trovare segni di vita in un punto della Terra brulicante di microorganismi nonostante la situazione di estremo freddo, sarà particolarmente difficile fare simili rilevazioni sul pianeta rosso. La missione ExoMars, che partirà a marzo, ci aiuterà ad avere maggiori prove di “firme” biologiche, passate e presenti, su Marte.

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