Le malattie respiratorie più frequenti sono la BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) che oggi ha una prevalenza, tuttora in aumento, di circa il 6% nella popolazione generale, e l’Asma Bronchiale, anch’essa con una prevalenza di circa il 6% nella popolazione. Si è concluso a Verona, per la sua diciannovesima edizione, il Congresso Nazionale sulle Malattie Respiratorie “Asma Bronchiale e BPCO: nuovi obiettivi, nuovi rimedi, nuove strategie”, con più di 300 specialisti provenienti da tutta Italia. “Il Congresso dimostra una lunga tradizione e si conferma come evento centrale nello studio scientifico dell’asma e della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e dei fattori relativi – spiega il Prof. Roberto Dal Negro, Referente Scientifico e Fondatore del Centro Nazionale Studi di Farmacoeconomia e Farmacoepidemiologia Respiratoria con sede a Verona – In questi anni sono stati sviluppati tutti gli aspetti delle malattie, aggiornando man mano i risultati della ricerca e migliorandone la comprensione. Anche quest’anno focus sulla farmacoeconomia, di cui parlammo per la prima volta nel 1991, con tutti gli sviluppi e tutti i costi di gestione“.
LE MALATTIE RESPIRATORIE PIU’ COMUNI – Le malattie più frequenti tra quelle respiratorie sono la BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) che oggi ha una prevalenza, tuttora in aumento, di circa il 6% nella popolazione generale, e l’Asma Bronchiale, anch’essa con una prevalenza di circa il 6% nella popolazione. La prima incide prevalentemente a partire dal 6° decennio di vita, mentre la seconda è più giovanile, con un’età media di circa 38-40 anni. Secondo l’ultima ricerca, presentata oggi durante il congresso, la prima ha un costo medio di euro 3290 per paziente/anno, con un aumento del 15% rispetto ai precedenti dati del 2008. Oggi la BPCO da sola costa circa 0.9 punti di PIL all’anno. “Per quanto riguarda l’asma – aggiunge il Prof. Dal Negro – gli ultimi dati, presentati oggi, dimostrano come, rispetto al precedente studio del 2007, i costi siano stabili, con una media di poco superiore ai 1500 euro all’anno per paziente. Ma si è soprattutto rilevata una ridistribuzione delle voci di costo: a fronte di una lieve incremento del costo farmaceutico per la terapia appropriata, si è osservata una drastica riduzione del costo relativo ai ricoveri ospedalieri, di quello relativo agli accessi al pronto soccorso, ed infine di quello delle visite mediche programmate. In altri termini, è migliorata la morbidità della malattia“.
GLI STRUMENTI – La prevenzione dovrebbe essere il primo strumento, ma le risorse investite nel nostro Paese sono del tutto risibili. “La lotta al fumo è importantissima – afferma il Prof. Roberto Dal Negro – ma, dopo una diminuzione importante grazie alla legge Sirchia, l’abitudine tabagica è purtroppo tornata ad aumentare, soprattutto nei giovani e di sesso femminile. In presenza di malattia conclamata, la diagnosi precoce e la terapia regolare e continuativa rappresentano le uniche armi efficaci. Oggi le armi terapeutiche sono molte ed efficaci: l’importante è il riconoscimento precoce di tali malattie e la tempestività dell’intervento“. L’errata adesione alla terapia, con il relativo aumento dei costi che ne consegue, è uno dei problemi principali sollevati dagli specialisti durante il congresso. “Utilizzando i farmaci generici, che sono quelli che hanno perso il brevetto, risparmiamo almeno il 20% della spesa sanitaria – spiega Giorgio Lorenzo Colombo, economista al Dipartimento di Scienze del Farmaco per l’Università di Pavia – Questi, costando meno al Sistema Sanitario Italiano, permettono di abbassare i costi delle terapie e di avere più pazienti in trattamento. Siamo molto fiduciosi, inoltre, sui dati che vengono raccolti dalle tessere sanitarie, che aiuteranno a comprendere meglio esigenze e bisogni dei pazienti“.
Solo il 13% dei pazienti aderisce alla terapia prescritta dal medico in occasione di malattie respiratorie. “Sembra paradossale sottolinearlo, ma è dimostrato che il rispetto del trattamento provoca benessere – chiosa Giorgio Lorenzo Colombo – Stiamo usando male i nostri farmaci, perché i pazienti li prendono in maniera discontinua, e i medici cambiano terapie attribuendo farmaci più potenti e generalmente più costosi. Non è né colpa né del medico né del paziente, ma di una mancanza di comunicazione tra i due gruppi. Dei pazienti ricoverati per la BPCO, infatti, solo il 57% prende farmaci appositi, mentre il 40% li utilizza occasionalmente. Essendo però la BPCO una patologia cronica, questo dato fa capire che sono tutte terapie non andate a buon fine: eliminando questi “errori”, si abbasserebbe la spesa pubblica. Basti pensare che un punto percentuale di terapie occasionali permetterebbe di risparmiare un milione di euro di spesa pubblica“.