Sarebbe un sogno svegliarsi al mattino ed osservare, al posto di deturpanti palazzi in cemento, un’oasi verdeggiante. In Paesi come Norvegia, Scozia, Irlanda e Groenlandia, case ricoperte di verde venivano costruite solo per chi non poteva permettersi abitazioni costose. In Islanda, invece, le cose sono andate diversamente: i coloni nordici, i primi dei quali furono i Vichinghi, hanno introdotto, nel 9° secolo, la tradizione di ricoprire di un tappeto erboso, costituito soprattutto di torba, le loro case… si parla a riguardo di Turf houses, dove “turf”, in inglese, significa “torba”.
E’ stato questo il materiale scelto sia per l’edificazione delle residenze dei capi, che per quelle dei contadini, oltre che per la costruzione di chiese e stalle, senza creare disparità tra poveri e ricchi.
La Turf House, nel corso dei secoli, ha subito una serie di evoluzioni nella forma, passando dalle case allungate stile nordico, utilizzate per dormire e lavorare, a più case, collegate tra loro da un corridoio centrale, con una sezione rialzata adibita a zona notte, ben isolata dall’ingresso, riscaldata efficientemente. Tralasciando le differenti forme, le Turf houses sono tutte costituite da una struttura in legno, un rivestimento di torba per le pareti e i tetti, con pietre assemblate casualmente tra le pareti stesse.
La torba, pur subendo un inevitabile processo di deterioramento, tanto da essere sostituita, in base alla valutazione di una serie di fattori (es. composizione del suolo, abilità degli artigiani, clima circostante) dopo 20 o al massimo 70 anni, presenta numerosi vantaggi: è gratuita, si trova abbondantemente in Islanda, trattiene il calore, mantiene uniforme la temperatura interna, tiene a bada le infiltrazioni d’aria. Le Turf houses islandesi, utilizzate oggi come depositi o totalmente abbandonate, secondo la World Heritage List dell’Unesco, sono uniche nel loro genere … non a caso sono state candidate a Patrimonio Unesco come “eccezionale esempio di architettura vernacolare”.