Ormai tutti conosciamo il luminol, ovvero quella speciale ‘luce’ che fa risaltare le macchie invisibili di sangue sulle scene del crimine. La tecnologia in questione è la chemioluminescenza, che ora, grazie a una ricerca e a un’innovazione tutta italiana, ha portato a nuovo metodo di diagnosi dell’ipertensione arteriosa che permette di identificare rapidamente la causa della disfunzione curandola tempestivamente, riducendo i tempi, le spese e l’impatto ambientale dell’esame stesso. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista specializzata ‘Clinical Chemistry and Laboratory Medicine‘. Si tratta di un lavoro condotto in collaborazione con la Clinica dell’ipertensione arteriosa e medicina di laboratorio dell’Azienda universitaria ospedale di Padova. “Il nuovo metodo – spiega Gianpaolo Rossi, direttore della Clinica universitaria e coordinatore dello studio clinico, coadiuvato da Mario Plebani come coordinatore della parte laboratoristica – è stato sviluppato da Diasorin SpA Italia e permette di misurare simultaneamente i livelli nel sangue di renina e aldosterone, due tra i principali ormoni che regolano la pressione arteriosa e le cui alterazioni sono responsabili di molte forme di ipertensione arteriosa guaribile“. “Applicando questo nuovo metodo automatizzato alla diagnosi dell’ipertensione a partire da un prelievo di sangue, nei pazienti inviati al Centro regionale specializzato dell’ipertensione arteriosa – aggiunge Rossi – attraverso un ampio studio prospettico i ricercatori hanno potuto dimostrarne la superiorità rispetto ai metodi di determinazione tradizionali che impiegano la radioattività, soprattutto per l’identificazione dei pazienti con iperaldosteronismo primario, la forma più frequente di ipertensione secondaria“.
La sostituzione dei vecchi metodi radioattivi di dosaggio della renina e dell’aldosterone con questa nuova tecnica “permetterà un notevole risparmio di risorse umane – spiega Rossi all’AdnKronos Salute – Il metodo permette di dosare simultaneamente i due ormoni. E questo in uno strumento di laboratorio informatizzato: non servono i due tecnici necessari con il metodo tradizionale. Si tagliano poi decisamente i tempi dal prelievo al referto. E fatto non trascurabile, questo metodo è assai più ‘friendly’ per l’ambiente, visto che non si utilizza la radioattività all’interno del laboratorio e non è necessario lo smaltimento dei rifiuti, con ovvi vantaggi per l’ambiente e la collettività“. Ma soprattutto, conclude l’esperto, “si tratta di un esempio di medicina traslazionale. Ed è un esempio chiarissimo di come la ricerca serve a far risparmiare soldi, non a spenderli“.