Cancro: incisioni di 3 mm e il rene è salvo nel 70% degli interventi

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Nessun taglio e nessuna cicatrice e ora neanche buchi, ma solo dei semplici puntini di 3 millimetri che resteranno ai pazienti operati con la mini-laparoscopia urologica, come unica e quasi impercettibile cicatrice. Il regno di questa nuova ‘chirurgia in miniatura‘ è la clinica Pederzoli di Peschiera del Garda (Verona), convenzionata con il Ssn. La divisione Urologia, diretta da Gaetano Grosso, ha all’attivo oltre 10 mila interventi mininvasivi eseguiti negli ultimi 20 anni. E per la prima volta al mondo è stato operato un ragazzo di 17 anni con la ‘sindrome dello schiaccianoci‘, ovvero una malformazione congenita caratterizzata da una compressione della vena renale con conseguenti sanguinamenti e dolori. L’alternativa per lui era un taglio di oltre 20 cm, una lunga degenza e altrettanta convalescenza. Il team di medici coordinato da Grosso, invece, gli ha permesso di avere dei tempi di ripresa di pochi giorni.  Stesso iter affrontato da Elena, 22 anni, di Catania. La ragazza, affetta da una fibrosi che bloccava l’uretere, avrebbe dovuto urinare a vita con un tubo inserito nell’addome, oppure farsi operare e convivere per il resto dell’esistenza con la solita cicatrice di 20 cm. Grazie all’equipe di Peschiera del Garda, con micro-buchini del diametro di 3 mm, in 2 ore e mezzo le ha ricostruito internamente l’uretere, utilizzando 10 centimetri di appendice. Per Elena una settimana di degenza e 2 di convalescenza, prima di ricominciare una vita normale.

E proprio la mini-laparoscopia sarà al centro di numerose presentazioni del 31° Congresso europeo di urologia (Eau), in programma da domani 11 marzo a martedì 15 a Monaco di Baviera, ma anche del Congresso di chirurgia urologica che si terrà proprio a Peschiera del Garda dal 6 all’8 aprile. La tecnica si può utilizzare anche per il tumore del rene, neoplasia in aumento con casi più che raddoppiati in 10 anni e pazienti sempre più giovani. “Un ulteriore progresso compiuto dalla chirurgia urologica – sottolinea Grosso – è la conservazione del rene che oggi nel nostro centro avviene nel 70% dei casi di chirurgia per tumori, mentre in precedenza veniva asportato nella maggioranza degli interventi, per patologie maligne“. La mini-laparoscopia garantisce “minor trauma e dolore, infezioni e complicazioni sempre più rare – spiega Grosso – Molto importante per le donne, poi, l’aspetto estetico“. “Il nostro – sottolinea Grosso – è il primo centro in tutta Italia in cui si esegue l’approccio laparoscopico extraperitoneale che garantisce ulteriori vantaggi ai pazienti rispetto alla procedura mininvasiva standard e ne amplia notevolmente gli ambiti di applicazione. L’accesso che si esegue nella nostra struttura consente di operare direttamente sulla prostata senza toccare l’intestino. In questo modo si evitano non solo la ferita esterna di 15-20 centimetri della procedura tradizionale open, ma anche quella interna altrettanto ampia alla cavità peritoneale della procedura mininvasiva standard. All’estero la nostra tecnica viene eseguita in alcuni centri di eccellenza di Francia, Belgio e Usa“.

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