Il 10 marzo 1946, le donne italiane si recano per la prima alle urne. Nonostante questo fosse un passo importante per l’Italia, il diritto al voto arriva con tempistiche e modi diversi nel resto del mondo. In alcuni Paesi – spiega l’autrice Valentina Innocente Torino – il voto alle donne fu riconosciuto prima del suffragio universale (da cui erano esclusi i rappresentanti di alcune razze e ceti sociali). In altri ancora però, come ad esempio in Arabia Saudita, il voto alle donne è stato concesso solo a dicembre 2015. In un’alternarsi di lotte per rivendicare i propri diritti e di proteste per denunciare abusi e violenze, le donne, continua Innocente Torino, del mondo sono state protagoniste di un movimento che ha percorso in modo trasversale tutte le nazioni.
Ecco che allora, l’autrice ha deciso di elencare dieci storie di donne e voto nel mondo dal XVIII secolo ad oggi. Iniziamo con la Svezia. Fu proprio questo paese il primo a riconoscere il diritto di voto durante le età della libertà. Nel 1718, le donne pagano le tasse e sono membri delle corporazioni cittadine tanto da avere il diritto di voto. Il suffragio universale arrivò nel 1919 (effettivo nelle elezioni del 1921). Nel 1755 seguì la Repubblica Corsa: la Costituzione prevedeva un’assemblea rappresentativa nazionale eletta da tutti gli abitanti sopra i 25 anni d’età, sia donne (se nubili o vedove) che uomini.Il suffragio femminile fu revocato quando la Francia annesse l’isola nel 1769. La prima donna, invece, a ricoprire la carica di sindaco, spiega Innocente Torino, è stata Susanna Madora Salter nel 1887 ad Argonia, in Kansas. Nonostante il suo mandato fu molto tranquillo, la sua elezione destò l’interesse della stampa di tutto il mondo.
La sua elezione fece da apripista a quella di Elizabeth Yates, prima sindaca nel 1893 dell’impero britannico a Onehunga, in Nuova Zelanda e a Elizabeth Garrett Anderson, spiega ancora Innocente Torino, che nel 1908 ad Aldeburgh divenne la prima donna sindaco del Regno Unito. Nel 1906 è la Finlandia, la prima nazione a concedere il suffragio femminile grazie ai risultati ottenuti dalle socialiste durante la sollevazione rivoluzionaria che interessò l’impero zarista, di cui faceva parte il paese. Alla fine del 1905, spiega Innocente Torino, la Lega delle donne lavoratrici organizzò 231 incontri per il suffragio in tutta la nazione con 41.333 partecipanti, esortando a un nuovo sciopero generale nel caso in cui le donne fossero nuovamente escluse dalla prossima tornata elettorale. Le proteste continuarono nel 1906, fin quando lo zar non accettò la proposta del suffragio universale.
Nel VII Congresso della II Internazionale socialista a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907, nel quale erano presenti i maggiori dirigenti marxisti del tempo, come i tedeschi Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, August Bebel, i russi Lenin e Martov, il francese Jean Jaurès vennero discusse tesi, spiega la giornalista, tra gli altri argomenti, sulla rivendicazione del voto alle donne. Il Congresso votò per una risoluzione che prevedeva l’impegno dei partiti socialisti all’introduzione del suffragio universale delle donne senza allearsi con le femministe. Una prima ‘giornata internazionale della donna’, in richiesta dal suffragio universale, continua Innocente Torino, fu organizzata dalla socialista tedesca e teorica Clara Zetkin insieme a 100 delegate provenienti da 17 Paesi nel marzo 1911. Sempre nel 1911 è la volta di Julieta Lanteri, di origine italiana, a divenire la prima donna del Sudamerica a votare in un’elezione locale.
Sesta donna a esercitare la professione di medico nell’Argentina dei primi del Novecento, Lanteri fonda nel 1909 la Lega nazionale femminista di libero pensiero, che chiedeva pari diritti per uomini e donne, contribuendo a organizzare il primo Congresso internazionale delle Donne nel 1910. Nel 1911, la città di Buenos Aires invitò i cittadini ad aggiornare i propri dati e Julieta ne approfittò per iscriversi nel registro della parrocchia San Giovanni Evangelista de La Boca. In risposta, il governo modificò la legge elettorale consentendo il diritto di voto solo a coloro che avevano svolto o erano abili al servizio militare, escludendo di fatto le donne. Lanteri decise di fondare, nel 1918, l’Unione nazionale femminista e si candidò per la Camera dei deputati in ogni elezione fin quando non giunse il colpo di stato militare nel 1930. Il suffragio universale verrà introdotto nel 1947.
In Ecuador fu, invece, Matilde Hidalgo, la prima cittadina a laurearsi in medicina, a votare e ad essere eletta. Quando dopo il liceo Matilde, racconta Innocente Torino, decise di continuare a studiare, con il beneplacito del fratello maggiore, suo tutore, la reazione della comunità fu di estrema violenza: le madri vietarono alle figlie di diventare sue amiche, il prete locale la obbligò ad ascoltare messa nel sagrato della chiesa. Durante la presidenza di Josè Luis Tamayo, Matilde dichiarò di voler votare per le prossime elezioni. La richiesta fu oggetto di consultazioni ministeriale fin quando, nel 1924, non le fu concesso di votare. Matilde aprì molte altre strade: divenne la prima consigliera eletta a Machala e la prima vicepresidente del Consiglio di Machala. Nel 1941 fu la prima donna candidate ed eletta nel Consiglio comunale di Loja. Nel 1946, continua ancora Innocente Torino, fu concesso il suffragio universale nella neonata Corea del Nord, guidata da Kim II-sung.
Negli anni, il voto è diventato un modo per rafforzare il sentimento patriottico dei cittadini. Secondo il Telegraph, ‘ai cittadini non viene insegnata l’importanza delle elezioni e le persone non hanno idea di avere un diritto da esercitare, quello del voto‘. Uomini e donne che siano. Prima ancora del Portogallo e della Svizzera, fu la Tunisia a promulgare nel 1957 la Costituzione in cui viene sancito il principio di uguaglianza di genere. Ancora prima, nel 1956, spiega Innocente Torino, il Codice dello statuto della persona, emanato dal primo presidente della Tunisia indipendente, Habib Bourguiba, abolì la poligamia e il ripudio, permise alle donne di chiedere il divorzio, introdusse un’età minima per il matrimonio e rese obbligatorio il consenso di entrambi i coniugi prima del matrimonio. Nel 1919, in Afghanistan, il re Amanullah aveva abolito l’uso tradizionale del velo islamico e promosse l’apertura di scuole miste.
Negli anni Cinquanta venne anche abolita la separazione di genere. Nel 1964 una nuova Costituzione liberale portò il suffragio universale con l’uguaglianza tra uomo e donna in molti settori della vita, compresa la partecipazione politica. Tra gli anni 80 e gli anni 90, però, le donne afgane videro negati tutti i diritti nel rispetto della “sharia”, la legge islamica. Vietato andare a scuola, studiare, lavorare, uscire di casa senza un accompagnatore, mostrare pelle in pubblico, accedere ai servizi sanitari erogati da uomini. Nel 1977 l’attivista Meena Keshwar Kamal, racconta Innocente Torino, fondò l’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane (Rawa) a Kabul: la sede dell’associazione fu trasferita a Quetta al confine con il Pakistan, dove Meena fu uccisa nel 1987. Rawa continua ad operare tra il Pakistan e l’Afghanistan. il diritto di voto è stato reintrodotto nel 2011.
Nel 2003 una nuova Costituzione ha sancito il rispetto dei diritti delle donne e nel 2009 l’Afghanistan ha approvato la legge sull’eliminazione della violenza contro le donne. In Arabia Saudita, invece, il 12 dicembre 2015 le donne hanno potuto candidarsi e votare nelle elezioni comunali. Un atto deciso da decreto reale nel 2011 e ratificato dal re Abdullah bin Abdelaziz (morto nel gennaio 2015), che ha permesso a 130.637 donne di votare e a 978 di candidarsi. La Commissione elettorale, in linea con la rigorosa applicazione della sharia, o legge islamica in vigore nel Paese, ha imposto la segregazione totale dei sessi durante la campagna elettorale e ha vietato alle donne candidate di utilizzare fotografie per la propaganda o pronunciare discorsi di fronte a uomini. Tra le aventi diritto, circa l’82% delle donne si è recato a votare: 20 le elette in 2.106 consigli municipali.