Nonostante siano trascorsi cinque anni dalla catastrofe di Fukushima sono oltre 100mila le persone sfollate che non sono ancora tornate a casa. Il governo cerca di dimostrare un progressivo ritorno alla normalità, mentre in agosto sono state fatte ripartire quattro centrali nucleari dopo il blocco di tutti gli impianti nucleari del Giappone. Le ferite di quel tragico giorno sono però ancora lontane dall’essere rimarginate. Quel giorno, alle 14.46 locali, un sisma di magnitudo 9 scosse la regione settentrionale di Fukushima. La scossa più grave mai registrata in Giappone fu seguita da uno tsunami con onde fino a 30 metri di altezza che travolse 260 località costiere.
I due disastri hanno provocato almeno 18.500 morti. I danni causati alla centrale Daiichi a Fukushima causarono il secondo incidente nucleare più grave della storia dopo Cernobyl. Le persone evacuate per sfuggire alla contaminazione nucleare furono più di 100mila e la maggior parte di loro ancora ignora se e quando tornerà a casa. L’esilio, soprattutto tra gli anziani, è stato molto difficile con casi di depressione e suicidio. Secondo i dati aggiornati al 2015, pubblicati dal quotidiano Tokyo Shimbun, vi sono stati almeno 1.368 morti per problemi di salute legati al disastro. Per dare una prima parvenza di normalità, il governo nipponico ha dato sei mesi fa il permesso di tornare nella città di Naraha ma, malgrado la pubblicità data all’evento, solo 459 persone, pari al 6,2% della popolazione precedente ha fatto ritorno. Secondo le camere di commercio di Iwate, Fukushima e Miyagi solo il 18% delle imprese economiche dell’area è tornata ai livelli pre 2011.
Imprese che molto spesso erano di coltivatori, allevatori e pescatori, e che devono fare i conti anche con i rischi della contaminazione nucleare. Secondo uno studio pubblilcato da Greenpeace ci vorranno almeno cento anni per decontaminare le aree più colpite. Livelli di radiazioni molte alti si riscontrano ogni primavera nelle nuove foglie che spuntano sugli alberi e nel polline portato in giro dal vento. Il governo si è impegnato a ricostruire e decontaminare con 7mila operai impegnati ogni giorno. Ma non è chiaro cosa si farà dei nove milioni di metri cubi di detriti contaminati rinchiusi in sacchi di plastica nera. Questi interrogativi si pongono anche per 75mila tonnellate di acqua radioattiva usata per il raffreddamento dei reattori nella centrale di Daiichi, dove i lavori dovrebbero durare per altri 30-40 anni. Dal febbraio dell’anno scorso, per raffreddare i reattori si è scelto di usare una ‘barriera di ghiaccio’ sotterranea evitando il continuo uso di acqua.