Idomeni: pioggia e fango, il nuovo inferno per 13mila migranti

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Il villaggio di Idomeni, al confine tra la Grecia e l’ex repubblica jugoslava di Macedonia, “ospita” 13mila migranti. Il confine da lunedì è rimasto chiuso proprio mentre calava un autentico diluvio di pioggia gelida ed il terreno si trasformava in una palude fangosa. Le scene mostrano proprio dei profughi accalcati sulla rete eretta dalla Macedonia e accalcati lungo il tratto ferroviario mentre si coprivano con sacchi dell’immondizia. Le tende donate da ong e agenzie umanitarie sono strapiene e molti migranti restano con abiti bagnati ed in condizioni disumane. All’ospedale di Kilkis sono stati portati tanti bambini malati, affamati e assetati. Due ragazzini, inoltre, sono stati colpiti da una scarica di un cavo dell’alta tensione lunga la linea ferroviaria senza riportare lesioni letali.

Idomeni sprofonda nel fango. Lo stesso rischio che corre l’Europa. Migliaia di bambini e bambine, ci raccontano le cronache, vivono da giorni a Idomeni tra fango, melma, pioggia e freddo, in ripari di fortuna con altissimi rischi di malattie e morte. Dobbiamo impedirlo. Non ci sono più parole per definire questa situazione“, ha detto Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia. “Di fronte alla difficile trattativa in corso in Europa, propongo a tutti i leader d’Europa di riunire il prossimo vertice europeo proprio nel campo di Idomeni. Solo guardando la realtà con i propri occhi, solo osservando a che punto siamo arrivati, in che condizioni si trovano i figli innocenti di territori dove non c’è pace i capi di Stato e di governo potranno capire che bisogna mettere fine a questa tragedia umanitaria europea“. Sono circa 1.500 le persone attese al Pireo. Oggi, il ministro per l’immigrazione Ioannis Mouzalas ha avvertito che le capacità di accoglienza possono arrivare fino a 70mila persone.

La parte organizzata del campo di Idomeni – attorno al quale è sorta la tendopoli spontanea – accoglie oltre 8.000 persone. “Resteremo qua – dice un profugo siriano intervistato dai media internazionali -. Non possiamo tornare in Turchia, perché non abbiamo mezzi per farlo. Staremo qui e andremo avanti, sperando che Germania e Svezia ci accettino, se Dio vorrà“.

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