Lombalgia: nuova terapia disponibile in soli due centri italiani

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COS’E’ LA LOMBALGIA – La lombalgia è il primo stadio della patologia degenerativa, ossia legata al fisiologico e naturale invecchiamento della colonna vertebrale. Riconoscere questo “gradino” permette all’operatore di consigliare al paziente tecniche meno demolitive e più conservative. Questa capacità di intervenire acconsente un miglioramento quasi immediato; col passare degli anni, se non si interviene prontamente, la capacità tende esponenzialmente a diminuire.

L’ARTOPLASTICA LOMBARE – Negli ultimi anni si è cercato di individuare delle strategie che potessero essere il più possibile mirate all’età e alle necessità funzionali dei pazienti. L’artroplastica lombare consiste nel sostituire completamente il disco ormai non più funzionante con un disco artificiale: quest’idea, che si trovava in letteratura già negli anni Cinquanta e Sessanta, è migliorata nella tecnica e nei materiali. L’implementazione si è avuta però negli anni Novanta, nonostante in Italia non abbia avuto molto successo in quanto prevedeva un approccio  addominale anteriore, parecchio invasivo, con eventuali gravi conseguenze.

“Ai maschi giovani – spiega Raffaele Roperto, MD Dirigente Neurochirurgo, San Filippo Neri, uno dei dieci italiani presenti a San Diego per il SOLAS, Societv of Lateral Acoes Surgeryveniva chiesto un deposito di liquido seminale, perché l’intervento avrebbe potuto condurre anche all’infertilità. L’operazione metteva in rischio anche la stessa vita del paziente, in quanto bisognava spostare tutti gli organi addominali, ed era eseguibile soltanto con un chirurgo generale, in quanto presenti vasi molto importanti per la vita stessa. Questa tecnica recente, che prevede un accesso laterale, abbatte invece tutti questi rischi: in questo modo è possibile intervenire anche su giovani e adulti, dando vigore ed energie come se i problemi non ci fossero mai stati”.

LA NUOVA TERAPIA – Questo nuovo approccio si rivolge a pazienti giovani, al di sotto dei 40 anni, prevalentemente sportivi, ma anche non professionisti: questa metodica facilita il recupero per attività professionali e ludiche. Per quelli meno giovani l’intervento aiuta a mantenere più o meno immodificabile la normale funzionalità della colonna vertebrale, il più vicino possibile alla funzionalità fisiologica della colonna. La degenza media, tra ricovero e post operatorio, non supera i 6 giorni: il paziente viene invitato ad alzarsi 24 ore dopo l’intervento. I tempi di recupero sono molto brevi, e non richiede riabilitazione, eccetto nei casi di professionisti sportivi che hanno bisogno di tonificare la massa muscolare. L’intervento è disponibile solo in due centri in Italia: uno a Milano, all’Istituto Ortopedico Galeazzi, e l’altro a Roma, al Presidio Ospedaliero San Filippo Neri. L’operazione dura dai 50 ai 60 minuti, eseguita in anestesia generale.

I PIU’ COLPITI – “Secondo i dati più recenti, i soggetti più colpiti prosegue Raffaele Roperto – sono quelli che richiedono una movimentazione di carichi; molto frequenti anche i casi per lavori sedentari, davanti al computer o in macchina. Questi, anche in età giovanile, possono facilmente incorrere in problemi alla colonna vertebrale. Il rischio aumenta con l’aumentare dell’indice di massa corporea, mentre non ci sono influenze collegate al sesso. Anche lo sport può essere pericoloso: è il jogging la disciplina meno consigliata, soprattutto quello sull’asfalto: il salto, infatti, provoca una pressione sulla colonna vertebrale che alla lunga potrebbe causare gravi conseguenze”.

I DATI ITALIANI – In Italia, secondo stime provenienti dagli Istituti di medicina del lavoro, le patologie croniche del rachide sono la prima ragione nelle richieste di parziale non idoneità al lavoro specifico. In Italia, invece, si calcolano tra i 7 e i 10 milioni di persone che annualmente hanno episodi di lombalgia, con una media di 3 giorni all’anno richiesti per il riposo: questo comporta anche un costo economico in fatto di produttività e spesa sanitaria, provocando un danno di diverse centinaia di milioni di euro. Secondo l’INAIL ogni anno sono 30 milioni le ore di lavoro perse per il mal di schiena.

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