Tra il 2001 e il 2015 gli arrivi di turisti in Italia sono aumentati del 50%, raggiungendo la soglia di 3 milioni, ma tutto ciò non si è tradotto in un proporzionale incremento di entrate a causa di una minore permanenza media (da 4,1 a 3,6 giorni) e delle conseguente riduzione del 35% della spesa pro capite reale (da 1.035 euro a 670 ero). Dunque, dal 2001 al 2015 il nostro Paese ha ‘perso’ qualcosa come 38 miliardi di euro di entrate valutarie derivanti dal turismo internazionale. Questo il quadro fornito da Confturismo in occasione della 17ma edizione del Forum di Confcommercio che si sta svolgendo a Cernobbio, sulle rive del lago di Como. Per il trienno 2016-2018, tuttavia, le previsioni vedono una crescita degli arrivi da tutti i Paesi, soprattutto da Cina e Usa, mediamente del 3,6%. Analizzando gli arrivi per aree di provenienza il turismo internazionale in Italia è per il 70% di origine europea, tedeschi in tesa, con un aumento del peso dei paesi extra Ue con un contributo di oltre il 35% alla crescita del periodo.
Confturismo sottolinea poi la crescita del turismo cinese divenuto in pochi anni il quinto mercato incoming dell’Italia e destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni. Oltre il 60% degli arrivi internazionali in Italia, secondo Confturismo, è assorbito da quattro regioni: Veneto, Lombardia, Toscana e Lazio. Nel mezzogiorno le isole risultano più attrattive rispetto al continente. Tutti dati, quelli presentati da Confturismo, che per il presidente della confederazione aderente a Confcommercio, Luca Patanè “confermano che il turismo è l’unico sistema produttivo che continua a crescere in tutto il mondo, compresa l’Italia“. Il turismo, ha osservato Patanè “è un comparto che risente parzialmente delle crisi economiche e solo localmente dei fattori geopolitici che di fatto ne cambiano la destinazione senza però ridurre quasi mai l’impatto economico complessivo a livello mondiale“. Per l’Italia, però, ha osservato “c’è una criticità rappresentata dalla riduzione dei giorni di permanenza e della spesa dei turisti, le cosiddette vacanze ‘mordi e fuggi”, che significano 38 miliardi di entrate valutarie in meno negli ultimi 15 anni“.
“È evidente – ha osservato ancora Patanè – che in questa situazione l’Italia deve ripensare il suo modello di offerta turistica, ma sopratutto servono interventi e politiche che accrescano la competitività delle imprese di questo comparto e diano centralità, anche a livello europeo, a un settore che rappresenta una potentissima leva non solo di sviluppo e di crescita, ma anche di coesione territoriale“. Ecco quindi che per il presidente di Confturismo “la parola d’ordine è: promozione, promozione, promozione. Per farci conoscere di più e meglio all’estero, per far rimanere più a lungo i turisti che vengono in Italia, per valorizzare maggiormente il nostro Mezzogiorno territorio – ha concluso – che ha una straordinaria ricchezza di luoghi d’arte e di cultura“.