Archeologia, quando l’Adriatico era una pianura: al via un ambizioso progetto di ricerca

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C’è stato un tempo, tra 22.000 e 15.000 anni fa, in cui, a causa di mutamenti climatici, il Mare Adriatico si è trasformato in una pianura estesa fino alla latitudine di Pescara. Uomini e animali della penisola Balcanica e dell’Italia si potevano spostare liberamente nella regione, adattandosi culturalmente e biologicamente alle situazioni climatiche e ambientali del momento. Di tutto ciò sappiamo pochissimo ma, grazie a un finanziamento europeo di 990 mila euro ottenuto nell’ambito del programma Twinning di Horizon 2020, due antropologi e una geologa dell’Università di Pisa, in collaborazione con gli archeologi e gli archeogenetisti dell’Università di Cambridge e con l’Università di Zagabria, condurranno ricerche sul patrimonio storico-culturale della regione non ancora completamente esplorata dell’Adriatico orientale, in particolare in Croazia.

Il titolo del progetto è ”Mend the Gap: Smart Integration of Genetics with Sciences of the Past in Croatia. Minding and Mending the Gap”, avrà una durata triennale ed è stato considerato il primo dei 65 progetti finanziati (su un totale di 546 progetti presentati) in tutti i campi della ricerca e da tutte le parti dell’Unione Europea. Secondo la Commissione Europea i progetti Twinningaiutano a rafforzare e definire un particolare campo di ricerca di una istituzione attraverso il legame con almeno altre due istituzioni di levatura internazionale in Europa’‘. Fornendo accesso alle loro conoscenze in ambito scientifico e amministrativo, sia l’Italia (Università di Pisa) che il Regno Unito (Università di Cambridge), permetteranno ai ricercatori dell’istituzione ospite (Università di Zagabria) di aumentare la loro capacità di ottenere finanziamenti per la ricerca, in una regione che ha molto da offrire al mondo archeologico, ma anche al mondo scientifico in generale.

SAGli antropologi dell’Ateneo pisano coinvolti nel progetto sono Giovanni Boschian e Damiano Marchi, la geologa è Marta Pappalardo. “Il patrimonio storico-culturale di quella regione è enorme, con un’occupazione umana che va dal Paleolitico ad oggi – spiega il professor Boschian, coordinatore del gruppo di Pisa – Il pieno potenziale scientifico di questo materiale può essere raggiunto solo attraverso l’uso di tecniche e metodologie in cui le istituzioni partner del progetto hanno grande esperienza“. La regione dell’Adriatico orientale contiene un gran numero di importanti siti archeologici. Molti resti sono stati trovati e identificati, sebbene non siano stati ancora analizzati o promossi secondo la loro piena potenzialità. ”I siti croati hanno un valore universale enorme dal punto di vista storico, estetico, etnologico, antropologico ed educativo“, aggiunge Boschian. Un buon esempio è Vela Spila, situato sopra la città di Vela Luka sull’isola di Curzola. Anche se solo una piccola porzione del sito è stata scavata e analizzata fino ad ora, i risultati confermano che si tratta di uno dei siti archeologici più ricchi e promettenti dell’Adriatico orientale.

Tra i tanti ritrovamenti importanti provenienti da Vela Spila, ce ne sono alcuni che spiccano per la loro natura straordinaria. Tra questi, uno dei più significativi consiste in 36 figurine ceramiche che rappresentano la prima evidenza di arte ceramica figurativa nel Paleolitico Superiore in Europa, datate tra 17.500 e 15.000 anni fa. “Per far capire l’importanza di queste scoperte, basta sapere che ci sono soltanto altri due siti nel Paleolitico Superiore europeo che contengono figurine ceramiche e si trovano entrambi in Europa centrale, mentre Vela Spila è l’unico esempio nel Mediterraneo – conclude Boschian – Inoltre, Vela Spila contiene anche sepolture Mesolitiche datate e inseribili in un contesto archeologico conosciuto, costituite sia da individui giovanili che adulti. Resti umani datati al Mesolitico sono estremamente rari in Europa, quindi i ritrovamenti a Vela Spila costituiscono un ritrovamento raro nel contesto del Mediterraneo orientale“.

Nel progetto Giovanni Boschian si occupa di geoarcheologia, ovvero di ricostruzioni paleoambientali e dei comportamenti umani attraverso lo studio geologico dei sedimenti dei siti archeologici, prevalentemente grotte. Damiano Marchi si occupa invece di morfologia funzionale e studia gli adattamenti ambientali e i diversi tipi di attività attraverso l’analisi morfometrica delle modificazioni nella forma e struttura delle ossa, sia umane che animali. Marta Pappalardo si occupa infine di ricerche sulle variazioni del livello marino e il suo contributo è essenziale nella ricostruzione delle antiche linee di costa e dell’estensione dei territori non occupati dal mare nel passato.

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