I leader di oltre 150 Paesi – per l’Italia ci sarà il presidente del Consiglio Matteo Renzi – saranno domani al Palazzo di vetro dell’Onu a New York per firmare l’accordo sul CLIMA, adottato a dicembre a Parigi. Ma a quattro mesi da quella intesa, che pure fu storica, i segnali del riscaldamento climatico sono aumentati ad un ritmo allarmante, tanto da far ritenere che servano azioni più incisive di quelle concordate. Complice il fenomeno di El Nino, i tre primi mesi del 2016 sono stati di gran lunga i più caldi degli ultimi 136 anni.
A questo si aggiungono due gravi segnali di allarme: lo scioglimento primaverile della calotta di ghiaccio in Groenlandia sta aumentando a ritmi mai visti prima, tanto da far temere che entro la fine del secolo il livello di innalzamento delle acque dei mari possa essere il doppio di quanto fin’ora stimato, mentre sul 93% della Grande barriera corallina si stanno verificando fenomeni di sbiancamento, con il rischio di una estesa moria di coralli causata dalle alte temperature. Secondo Gavin Schmidt, capo del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, c’è il 99% di probabilità che il 2016 possa essere l’anno più caldo da quando, nel 1880, le temperature sono state annualmente registrate in maniera attendibile. Se così fosse sarebbe il terzo anno consecutivo di temperature record. E si rischia un aumento delle temperature di oltre due gradi Celsius, rispetto all’era pre industriale, malgrado gli impegni presi a Parigi mirino a contenere il riscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi. Tutti questi segnali non diminuiscono l’importanza degli impegni presi in dicembre da praticamente tutti i paesi del mondo per diminuire le emissioni inquinanti, ma avvertono che si tratta solo di un primo passo. Per Paul Bledsoe, ex consigliere della Casa Bianca per i cambiamenti climatici, le intese di Parigi sono allo stesso tempo “essenziali e insufficienti“. Rappresentano, spiega, “un passo incredibilmente importante che ci porta a metà strada, ma non la soluzione ultima”. Dopo la solenne firma di domani, gli oltre 150 Paesi coinvolti dovranno provvedere alla ratifica. L’intesa entrerà in vigore quando le ratifiche copriranno almeno 55 paesi responsabili del 55% delle emissioni inquinanti. Stati Uniti e Cina, i due Paesi più inquinatori del mondo, hanno diffuso due settimane fa un comunicato congiunto in cui si impegnano ad una ratifica in tempi brevi. Ma negli Stati Uniti i repubblicani sono ostili all’intesa, sostenuta invece dall’amministrazione Obama. Tutti questi segnali non diminuiscono l’importanza dell’intesa di Parigi, ma ci avvertono che si tratta solo di “un primo passo in una nuova direzione”, come sottolinea Michael Oppemheimer, professore di geoscienze a Princeton.