Il più grande radiotelescopio del mondo potrebbe mettersi in ascolto di eventuali segnali da civiltà aliene. Lo Square Kilometers Array (Ska), che potrebbe entrare funzione fra il 2018 e il 2019, potrebbe infatti includere nelle sue attività scientifiche il Seti, il programma internazionale per la ricerca di intelligenze extraterrestri. Lo ha detto oggi a Roma l’esperto di radioastronomia Stelio Montebugnoli, nel convegno del Centro Nazionale Astroricercatori Indipendenti (Cnai) Nato nel 1974, il programma Seti (Search for ExtraTerrestrial Life) “finora non ha dato risultati ma, personalmente, ritengo che questo non significhi necessariamente che non esistano eventuali civiltà aliene. Forse non abbiamo guardato nel posto giusto“.
Per questo la schiera di antenne che occupa un chilometro quadrato, come quella del progetto Ska, potrebbe mettersi in ascolto di una porzione di cielo così grande da aumentare le probabilità di intercettare eventuali segnali. “Ska potrà essere utilizzato per cercare segnali radio particolari, diversi da quelli di origine naturale che riceve tutti i giorni“, ha detto ancora Montebugnoli.
Ma considerando un eventuale segnale alieno potrebbe impiegare migliaia di anni per arrivare alla Terra, “l’unica risposta che il programma Seti intende dare è quella alla domanda se siamo soli nell’universo, oppure no. Niente altro“. Dello stesso avviso un altro pioniere della ricerca di forme di vita extraterrestri, l’esperto di bioastronomia Cristiano Batalli Cosmovici, che nel 1998 aveva avviato un programma per cercare la ‘firma’ dell’acqua su pianeti esterni al Sistema Solare con il radiotelescopio di Medicina, vicino Bologna. “L’abbiamo trovata in cinque dei 35 pianeti studiati“, ha detto. La tecnica che ha permesso di farlo, chiamata effetto maser, è l’equivalente del laser nelle microonde e nel 1994 ha rivelato il vapore acqueo liberato dall’impatto della cometa Shoemaker-Levy su Giove. Per questo in seguito è stata utilizzata per rivelare la presenza dell’acqua su pianeti lontani.