Il cibo dei fast food, è ormai noto, è tutt’altro che sano: medici e nutrizionisti di tutto il mondo mettono da tempo in guardia sulle possibili conseguenze che l’eccessivo consumo di cibi molto grassi e processati comporta per il nostro organismo. Ma a creare l’allarme, questa volta, non sarebbero hamburger e patatine, bensì i contenitori in cui sono contenuti. Questi involucri di plastica, infatti, conterrebbero ftalati, composti chimici i cui effetti negativi sulla salute sarebbero stati dimostrati da molte ricerche condotte in passato. Alcuni studi hanno infatti messo in luce come, nei bambini, queste sostanze avrebbero gli stessi effetti degli ormoni estrogeni, arrivando a provocare addirittura disturbi nello sviluppo dei genitali e nella maturazione dei testicoli.
Altre ricerche condotte sui roditori mostrano come una prolungata esposizione agli ftalati può determinare gravi danni a fegato, reni e polmoni, mentre uno studio più recente confermerebbe una connessione tra il contatto prolungato con gli ftalati egli aborti spontanei nelle donne che si sottopongono a fecondazione assistita. Sulla base di questi presupposti, la George Washington University ha condotto una ricerca su un campione di 9.000 individui, prelevando altrettanti campioni di urina e chiedendo ai volontari se avessero mangiato fast food nelle ultime 24 ore. Il risultato della ricerca è apparso preoccupante: i livelli di ftalati riscontrati in coloro che avevano consumato cibo fast food erano di addirittura del 40% maggiori rispetto a chi non lo aveva fatto. Un esito particolarmente allarmante se si considera che queste sostanze possono facilmente contaminare anche i cibi molto processati.