Fabrizio Curcio, capo della protezione Civile, nel corso di un’intervista al Corriere della Sera fa un bilancio della sua attività, che ha visto un anno con “diverse emergenze ma fortunatamente senza catastrofi” e denuncia il fatto che i piani sul territorio a rischio sismico siano arrivati solo da due regioni. Curcio spiega di aver avuto come primo obbiettivo la prevenzione, perché ad esempio nel caso di eventi meteo improvvisi, “la vera arma è l’autoprotezione“. Il rischio più grande però è “innamorarci di un solo rischio al giorno. Nella percezione comune oggi ci sono le alluvioni, ma in Italia ne abbiamo di tutti i tipi e non possiamo permetterci un abbassamento di tensione per esempio su quello sismico“.
“Stiamo insistendo con le regioni sui piani del territorio che dovranno andare a completare il programma nazionale per il rischio sismico. A oggi solo Calabria e Umbria l’hanno consegnato, poi stiamo lavorando con Valle d’Aosta, Piemonte, Friuli e Lombardia“. Dall’Abruzzo “ancora non l’abbiamo. Ogni regione deve fare la sua parte. Anche sulla pianificazione del rischio vulcanico: non si può fare da Roma i piani di evacuazione o accoglienza, solo il territorio sa mezzi e strumenti su cui contare“.
In merito agli strumenti a disposizione, “noi non vorremmo usare le deroghe. Ma dobbiamo poter lavorare nell’emergenza. Pensiamo alla necessità di alloggi: fare un accordo quadro con gli alberghi in assenza dell’evento è difficile perché agosto è diverso da dicembre. Ora nessuno si sente di bloccare risorse in attesa di un evento che non si sa se, quando e dove avverrà. Le gare fatte con Consip vanno spesso deserte. Abbiamo bisogno di regole positive in emergenza: non possiamo aspettare un mese per acquistare cibo per gli sfollati. Anche sugli appalti spero si possa discutere delle modifiche in corso che ci coinvolgono. Vogliamo essere trasparenti e soggetti a controlli, ma all’urgenza dobbiamo rispondere con l’urgenza“.