Il 6 maggio rappresenta una data storica e tragica insieme per l’Italia intera e, soprattutto, per gli a abitanti del Friuli. Esattamente 40 anni fa, passate da poco le 21, la terra tremò violentemente e, da allora, niente fu più lo stesso per il popolo friulano. Dopo la confusione iniziale, il timore di un bombardamento, la paura di aver perso un proprio amico o parente, la notte scura lasciò il posto al giorno, e lì fu chiaro cosa era avvenuto.
Il sisma colpì principalmente le zone di Udine e Pordenone, tanti i comuni distrutti o danneggiati, quasi mille le vittime totali. I danni furono amplificati dalle condizioni del suolo, delle costruzioni quasi tutte datate e dalla posizione dei comuni coinvolti situati, nella maggior parte dei casi, su alture. Già dal giorno dopo, nonostante il dolore e la disperazione, partì però una vera e propria gara di solidarietà, che coinvolse anche i cittadini friulani residenti all’estero.
Lo Stato intervenne, concedendo però ampie autonomie a Regioni e comuni. I sindaci, per la prima volta, furono i protagonisti della ricostruzione. Insieme a loro, tanti “angeli”, quei volontari cioè arrivati da ogni parte d’Italia per aiutare la popolazione colpita. Si trattò di un modello vincente: quel “modello Friuli” che verrà poi applicato in altre situazioni.
Oggi, a distanza di 40 anni, la situazione è ritornata alla normalità. La ricostruzione può dirsi completa, grazie ai 13 miliardi di euro destinati ai territori colpiti. Resta però il ricordo di quella drammatica notte del 6 maggio che, soprattutto per chi l’ha vissuta, perdendo un proprio caro, rappresenterà per sempre una ferita difficile da rimarginare.