Sono passati più di 30 anni da quando la scienza puntò per la prima volta i riflettori su una misteriosa depressione del sistema immunitario diagnosticata in 5 giovani omosessuali. Seguirono anni drammatici in cui l’Aids stroncava tante giovani vite. Ma i tempi cambiano e, con l’evoluzione delle terapie, cambiano anche le prospettive delle persone che scoprono la propria sieropositività. Oggi per loro la sfida è invecchiare con l’Hiv, e farlo in salute. Un problema che sarà sempre più diffuso, visto che nel 2030 si stima un numero record di over 50 che convivono con il virus. Punta ad affrontare questa nuova sfida la campagna internazionale di sensibilizzazione ‘Hiv: guardiamo oltre’, la prima focalizzata sul tema dell’invecchiamento e delle comorbidità associate. La campagna, realizzata con il supporto incondizionato di Gilead, è attiva in 15 Paesi europei e in Italia è patrocinata da Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali), Nadir Onlus, Nps (Network persone sieropositive), Anlaids, Asa Onlus, Arcobaleno Aids e Plus Onlus. “Le terapie hanno fatto passi da gigante e oggi un paziente che riceve una diagnosi di Hiv ed è in trattamento con i nuovi antiretrovirali ha un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale”, spiega Massimo Andreoni, Direttore dell’Unità operativa complessa Malattie infettive e Day hospital nel Dipartimento di medicina del Policlinico Tor Vergata, Roma.
Uno studio recente, riferisce l’esperto, “ha valutato che nel 2010 l’età media dei pazienti era di 43,9 anni mentre nel 2030 sarà di 56,6 anni, con una percentuale di pazienti con età superiore ai 50 anni che passerà dal 28% al 73%. Tuttavia, ci sono ulteriori sfide da affrontare: invecchiare con l’HIV espone a un maggior rischio di sviluppare patologie correlate, come tumori, osteoporosi, problemi al fegato, cardiaci e neurologici”. Per le persone HIV-positive, le malattie cardiovascolari sono più comuni, con un rischio di ipertensione che raggiunge il 43%, e quello di infarto il 5% (contro l’1% della popolazione generale). Aumentano anche l’incidenza dell’osteoporosi, che comporta il 50% di rischio in più di subire fratture, i disturbi neuro-cognitivi che insorgono nel 52-59% dei pazienti, mentre ansia e depressione colpiscono fino al 26% di persone affette da HIV in Europa rispetto al 7% della popolazione generale. La probabilità di sviluppare tumori è in media il doppio rispetto alla popolazione generale, il rischio di epatite cronica è superiore di otto volte, e quello di insufficienza renale di cinque volte.
La campagna offre informazioni specifiche su come ‘invecchiare bene’, risposte alle domande più frequenti sull’HIV, video-interviste con i consigli degli esperti e delle associazioni coinvolte nel progetto. “Da una parte i pazienti devono comprendere che trattare la malattia non implica solo la soppressione della quantità di virus nel corpo (carica virale) ma prevede un approccio ‘multidimensionale’ da condividere sul lungo periodo con il proprio medico; dall’altra lo specialista deve essere in grado di offrire screening di primo livello per le comorbidità più frequenti”, sottolinea Andreoni. Oggi si stima che in Italia circa 120 mila persone convivano con una diagnosi di HIV, mentre ci sono 23 mila persone con diagnosi di Aids. Nella Penisola vengono diagnosticati 6,1 nuovi casi di positività all’HIV ogni 100.000 residenti. L’incidenza più elevata è stata registrata nel Lazio, in Lombardia e in Emilia Romagna. “La vera sfida, oggi – precisa Simone Marcotullio, vice presidente dell’associazione Nadir – è quella di fissare nuovi obiettivi, che vadano oltre il raggiungimento di una viremia non rilevabile, fino a includere la gestione proattiva delle comorbidità associate, in modo che le persone con HIV possano godere di una buona qualità di vita, piuttosto che semplicemente vivere più a lungo. Per questo è importante che il paziente si senta protagonista del suo percorso di salute, che contempli sia impegno nella prevenzione, ma anche attenzione alla diagnosi e alle strategie terapeutiche, in accordo con il proprio medico”.