Ambiente: investimenti per il petrolio a rischio in Italia

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Erg guarda come a una “grande opportunità” al mercato retail, continua a crescere in Europa e ‘bacchetta’ l’Italia dove “la mancanza di una politica energetica chiara” penalizza gli investimenti nel settore delle rinnovabili. Il gruppo che in pochi anni ha completamente cambiato pelle è pronto a nuove sfide in un settore in continua trasformazione e sempre più affollato. “Potete non chiamarci più petrolieri – sottolinea il presidente Edoardo Garrone -, perché non c’è più nessuna relazione con i driver che caratterizzavano i nostri risultati in passato“.

Negli ultimi otto anni, tre miliardi (su 3,9 miliardi) sono stati reinvestiti in Italia, segno di un’attenzione verso il Paese che vuole continuare. “Primo player nell’eolico in Italia” con circa 1.700 megawatt di capacità istallata “presenza forte in Europa”, come precisa con orgoglio il vicepresidente Alessandro Garrone, Erg conta anche sull’idroelettrico (527 megawatt di potenza complessiva) concentrato nella zona di Terni e sull’impianto termoelettrico siciliano a Priolo Gargallo (480 megawatt). Una diversificazione geografica e tecnologica equilibrata in termini di fonti produttive – 63% di potenza nell’eolico, 19% idroelettrico e 18% nel termoelettrico – con un focus sempre più europeo: “se nel 2014, l’81% della potenza installata era in Italia, all’inizio del 2016 siamo arrivati al 37% all’estero”, sottolinea l’amministratore delegato Luca Bettonte in un incontro con la stampa.

Dopo Francia e Germania, Erg punta sull’Inghilterra “dove stiamo già costruendo in questo momento 45 megawatt“. Paesi con una “visione di politica energetica definita“. Se l’incertezza normativa in Italia spaventa, l’apertura nel 2018 del mercato energetico, “ci sono 20 milioni e più di clienti potenziali“, attrae il gruppo ‘green’. “Guardiamo con attenzione al 2018 – sottolinea l’ad di Erg, Bettonte -. Oggi dire che siamo pronti sarebbe eccessivo: in questo momento siamo solo a metà del 2016, d’altra parte bisogna capire con attenzione cosa sarà, è molto importante come avverrà quell’apertura del mercato“. L’auspicio “è che sia effettivamente concorrenziale, per dare la possibilità a chi è più competitivo di potersi giocare la partita fino in fondo“. Una nuova ipotetica rivoluzione per il gruppo concentrato su un’ulteriore crescita nelle rinnovabili.

Un mercato che non è “non è più un outsider: l’anno scorso in alcuni momenti hanno prodotto il 40% dell’energia di questo Paese“, che richiede “investimenti importanti, che devono avere un ritorno ragionevolmente certo“. In Italia “serve una politica energetica seria, se no il rischio è che gli investimenti vadano da un’altra parte: non solo i nostri ma anche quelli degli altri“, denuncia il presidente Edoardo Garrone. “Speriamo che succeda qualcosa prima della fine dell’anno“, l’auspicio di Bettonte. Dopo il decreto ‘spalmaincentivi’, “oggi – sottolinea l’amministratore delegato – c’è una grande occasione per il regolatore e per gli investitori industriali“. Se gli incentivi “hanno fatto la loro parte, la stanno ancora facendo, e sono serviti per costruire un’industria di produttori di energia eolica”, adesso in una fase di consolidamento “dobbiamo guardare al futuro in modo diverso“.

Il riferimento è ai cosiddetti Ppe, power purchase agreement, contratti di medio-lungo periodo (adottati in altri Paesi) che darebbero certezza agli investimenti assicurando la vendita di energia. Se in Italia investire nel repowering, ossia nell’ammodernamento tecnologico dei parchi eolici già esistenti, non fosse possibile, “l’estero sarebbe la risposta immediata. In tre anni abbiamo investito il 40% di eolico all’estero e quindi è un mestiere che sappiamo fare. Ci piacerebbe farlo in Italia”, sottolinea l’amministratore delegato di Erg. Reinvestire con una tecnologia capace di produrre più energia in modo più efficiente avrebbe “aspetti positivi per tutti”, ad esempio in materia di investimenti e di occupazione “e mi sembra che l’Italia ne abbia bisogno”.

Una svolta sostenibile, dal punto di vista ambientale ma non solo. “La nostra politica di dividendi oggi dichiarata è 0,5 euro per azione almeno, quest’anno l’abbiamo più che rispettata“. Nel futuro “sarà funzionale al nostro sviluppo, almeno 0,5 euro ad azione nei prossimi anni lo possiamo confermare“. Sempre meno forte, invece, il legame con TotalErg: “Vogliamo che continui a essere valorizzata nel tempo e se nell’ambito di questo percorso ci può essere l’opportunità di uscire da questo investimento, noi questa cosa non la scartiamo“, precisa Bettonte. Chiara l’intenzione di restare al timore del gruppo ‘green’. La quota del 63% attraverso cui la holding San Quirico controlla Erg “non è scolpita nel marmo, ma sicuramente – sottolinea il vicepresidente Garrone – è scolpito che la famiglia ha interesse alla maggioranza, che si può esercitare anche con il 50,1%”. In futuro la possibilità di una joint venture “non sarebbe un’ipotesi da scartare”, ma nel caso potrebbe trattarsi “solo di soggetti finanziari”. Dunque “Alleanze sì, ma non credo con operatori industriali”.

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