L’Italia della ricerca si aggiudica il primo grant Erc europeo in archeologia ed a vincerlo è Corinna Rossi, laureata in Architettura a Napoli e specializzata in Egittologia a Cambridge. Rossi ha scelto il Politecnico di Milano per lo sviluppo del suo progetto Living In a Fringe Environment (L.I.F.E.) al quale è stato assegnato un Erc Consolidator Grant di 2 milioni di euro per la durata di cinque anni. Partner Institution sarà invece l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il progetto si propone di studiare gli insediamenti archeologici Tardo Romani ai confini delle zone desertiche per ricostruire la strategia utilizzata dall’Impero Romano nello sfruttamento e nella gestione delle sue frontiere. La ricerca inizierà ufficialmente il 1 luglio 2016 ed i primi passi saranno l’organizzazione del complesso scavo archeologico che aprirà nel 2017 e la creazione di un database che dovrà contenere tutte le informazioni rilevate.
Come ‘caso studio’ è stato scelto Umm al-Dabadib, il sito meglio preservato tra quelli situati all’interno dell’Oasi di Kharga, in pieno deserto, a 750 chilometri a sud del Cairo, 300 chilometri ad ovest di Luxor ed a 50 chilometri dal primo centro abitato, in ambiente remoto e duro. Per la ricercatrice, alternative all’Italia non sono state nemmeno considerate. “Il Politecnico di Milano e l’Università Federico II di Napoli – sottolinea Rossi – sono le uniche due istituzioni che contengono la combinazione giusta di expertise che servono per portare avanti il mio progetto. Anzi, si potrebbe anche dire il contrario: il progetto stesso è stato ideato sulla base di ciò che è possibile fare grazie a quello che le due istituzioni offrono in termini di competenze“.
Tutti i siti Tardo Romani dell’Oasi di Kharga, spiega il Polimi, “condividono le stesse caratteristiche architettoniche e sono dotati di simili stanziamenti agricoli“. Lo studio di Umm al-Dabadib permetterà quindi la ricostruzione della strategia Romana per il controllo delle vie del deserto che si incontravano in questa Oasi, e offrirà un importante contributo al dibattito sulla difesa dei confini dell’Impero nel periodo storico compreso tra Diocleziano e Costantino e oltre, fino al V secolo AD. Umm al-Dabadib offre la possibilità unica di studiare un sito Tardo Romano in ottime condizioni, lì sopravvivono in eccellente stato di conservazione sia l’insediamento fondato nel IV secolo AD, sia l’intero sistema agricolo che rendeva possibile la vita di una grande comunità ai confini del mondo abitabile.
“L’insediamento consiste di un forte centrale alto 12 metri, circondato da una massa solida di abitazioni su più livelli, servite da corridoi coperti e non da strade a cielo aperto; questo sistema permetteva agli abitanti di proteggersi efficacemente dal sole e dalla sabbia” continua il Polimi. Il sistema agricolo consiste di 5 acquedotti sotterranei, lunghi ognuno tra i 2 e i 3 km, e di due più brevi, che portavano acqua a due grandi coltivazioni; il tracciato della centuriazione romana e i resti dei campi sono ancora visibili sulla superficie del deserto. Il 3D Survey Group del Politecnico di Milano si occuperà del rilievo 3D delle rovine architettoniche dell’intero insediamento fortificato, svilupperà e sperimenterà nuove tecniche di rilievo da applicare in ambienti logisticamente complessi come il Deserto Occidentale Egiziano, e coordinerà lo scavo archeologico e l’elaborazione di tutti i dati raccolti. Il Centro Musa-Musei delle Scienze Agrarie della Federico II studierà invece l’imponente sistema agricolo che serviva il sito con analisi archeobotaniche, studio delle ceramiche, analisi delle immagini satellitari.
Costruirà un modello dinamico dell’antico sistema agricolo, sulla base del quale verrà creata un’installazione multimediale permanente presso i Musei delle Scienze Agrarie, situati nella Reggia di Portici. L.I.F.E. proseguirà “con l’apertura di vari fronti di ricerca che coinvolgeranno un team italo-egiziano di specialisti in una decina di campi disciplinari diversi” informa ancora il Politecnico di Milano. Il progetto continuerà la collaborazione già iniziata con le istituzioni egiziane, che punta alla creazione di un Parco Naturale intorno al sito di Umm al-Dabadib e a supportare la richiesta egiziana di riconoscere l’Oasi di Kharga come Area Protetta Unesco.