Astronomia, il ritratto della cometa 252P/Linear: vicina, nitida e piccolissima

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È una delle comete più vicine mai passate nei pressi del nostro pianeta, e il suo ritratto è il più nitido mai ottenuti fino ad oggi. Si tratta di Linear, anche detta Cometa 252P, che lo scorso 21 marzo è passata sulle nostre teste a soli 5.3 milioni di chilometri dalla Terra. Diffusa dalla NASA, la fotografia di Linear è stata catturata dall’occhio del telescopio spaziale Hubble, che ha permesso agli astronomi di ottenere informazioni preziose sul nucleo ghiacciato della cometa. Dai dati risulta che il fragile cuore di Linear emette un sottile e ben definito getto di polvere, che si sprigiona dal centro verso la coda della cometa.

Le immagini di Hubble, con la loro risoluzione di 1.6 chilometri per pixel, forniscono quindi un preciso identikit di questa elegante cometa, che ci appare come un punto brillante nel cielo che sprigiona un fascio di luce a forma di cono. Per capire il livello di dettaglio di queste immagini – spiega l’ASI – basti pensare che le osservazioni da telescopi terrestri della stessa cometa hanno una risoluzione 10 volte inferiore. Vicina e nitida quindi, ma anche piccolissima: il diametro di Linear misura infatti 230 metri di diametro, il che rende la cometa una delle più piccole mai osservate.

Poiché le comete di solito hanno una dimensione di soli pochi chilometri – dice Jian-Yang Li, coordinatore del progetto di osservazione di 252P – le misure sono molto più affidabili quando questi oggetti passano più vicini a noi. Ecco perché questa cometa, con il suo grande avvicinamento alla Terra, ha offerto una straordinaria opportunità di studio”.

Grazie al ritratto di Linear come è apparsa nel suo passaggio del 21 marzo, i ricercatori potranno seguirne l’evoluzione. Il ritorno della cometa è previsto nel 2021: fino ad allora, le dimensioni di 252P potrebbero ridursi ancora. “Il nostro obiettivo principale – spiega Li – è capire come le comete diventano sempre più piccole man mano che passano vicine al Sole. Da questi dati, potremmo arrivare a comprendere le proprietà del materiale che doveva costituire i pianeti alle origini del Sistema solare”.

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