Le operazioni di recupero del peschereccio carico di migranti che affondò il 18 aprile 2015 nello stretto di Sicilia, causando la morte di oltre settecento persone richiederanno gli sforzi congiunti di marina militare, vigili del fuoco, corpo militare della Croce rossa italiana, dell’ufficio di sanità marittima, area e di frontiera (Usmaf), dell’assistenza sanitaria provinciale (Asp), Agenzia della dogana, oltre alle autorità ed enti locali del territorio. Il relitto è posizionato a 85 miglia dalle coste libiche e ad una profondità di circa 370 metri. Il coordinamento dell’intera operazione di recupero in mare è stato affidato alla marina militare che oltre a garantire un’adeguata cornice di sicurezza, fornirà supporto logistico alla ditta trentina Impresub Diving and Marine Contractor che, attraverso la nave Ievoli Ivory, solleverà il barcone dal fondale tramite un sistema di recupero robotizzato, controllato dalla superficie e progettato ad hoc, realizzato sulla base delle dimensioni del peschereccio. Il comando delle operazioni in mare è affidato al contrammiraglio Paolo Pezzutti, comandante del comando subacquei ed incursori Teseo Tesei Comsubin, imbarcato sulla nave salvataggio Anteo, con a bordo un team di palombari del gruppo operativo subacquei (Gos). Il dispositivo navale comprende anche l’unità anfibia San Giorgio, il cacciamine Alghero e la nave moto trasporto costiero Tremiti che, attraverso l’uso del Remotely Operated Vehicle (ROV) del Gos, effettuerà una verifica del fondale al termine delle operazioni di recupero.
L’arrivo del relitto è stimato per la prossima settimana, non prima del 9 maggio, a seconda delle condizioni meteo marine ed eventuali esigenze tecnico-operative. L’interno del peschereccio una volta portato a galla, sarà tenuto ad una temperatura intorno a 5°/10° tramite l’uso di azoto liquido. Poi sarà collocato su una chiatta dalle dimensioni di 30 metri per 90 e successivamente trasferito al pontile Nato di Melilli (SR). Nel porto della città del Siracusano è stata allestita una tensostruttura, realizzata dai Vigili del Fuoco, refrigerata, lunga 30 metri, larga 20 e alta 10, dove sarà collocato il relitto per l’estrazione delle salme. Saranno proprio i vigili del fuoco ad entrare nel barcone per effettuare il recupero dei corpi, adottando le procedure stabilite per gli interventi di tipo nucleare – biologico – chimico – radiologico (Nbcr). Da settimane le squadre si sono addestrate su imbarcazioni gemelle, sperimentando modalità di accesso, procedure e individuando i metodi più sicuri e di più facile penetrazione. Per velocizzare le operazioni, una squadra dei vigili del fuoco è stata imbarcata su nave San Giorgio della Marina Militare, con il compito di effettuare i primi rilievi sul relitto e anticipare informazioni utili alle squadre pronte a terra.
Si opererà in assoluta sicurezza, con rischio biologico escluso dal Ministero della Salute, sia per gli abitanti nel territorio circostante che per il personale dei vigili del fuoco. Verrà condotta, in ogni caso, una verifica costante delle condizioni sul posto. Il relitto sarà bonificato e poi subito smaltito. I corpi saranno esaminati da esperti del laboratorio di antropologia e odontologia forense (Labanof), attiva nel dipartimento di morfologia umana e scienze biomediche di medicina legale dell’università di Milano per l’acquisizione di informazioni utili a creare network a livello europeo che permetta di risalire all’ identità dei corpi attraverso l’ incrocio dei dati. Tutta l’operazione si svolgerà in massima sicurezza, e non ci saranno problemi sanitari per la popolazione legati alla presenza dei corpi. I corpi saranno tumulati in cimiteri della Sicilia. E’ un’attività resa possibile grazie alla sinergia tra ministero della Difesa, dell’Interno, della Salute, commissario straordinario per le persone scomparse e procura della Repubblica di Catania.