L’Italia ha tutte le potenzialità per far ripartire gli investimenti nelle fonti RINNOVABILI grazie alle risorse presenti nel territorio, da Nord a Sud. Ne è convinta Legambiente che oggi, in occasione della presentazione del rapporto Comuni RINNOVABILI 2016, lancia le sue proposte. Prima fra tutte: liberare l’autoproduzione da fonti RINNOVABILI che in Italia oggi è penalizzata, in particolare dopo la riforma delle tariffe elettriche, mentre è vietata la distribuzione locale di energia da fonti RINNOVABILI persino negli edifici e nei distretti produttivi. Anche se un’eccezione c’è: alcuni Comuni delle Alpi utilizzano una legge nata per le cooperative energetiche negli anni Venti, possibilità che ha aperto a innovazioni nella gestione delle reti e nella produzione da fonti RINNOVABILI di grandissimo interesse e con riduzione dei costi in bolletta.
Legambiente chiede regole semplici e trasparenti per i progetti: l’incertezza delle procedure è ancora oggi una delle principali barriere in Italia alla diffusione degli impianti da fonti RINNOVABILI. Primo obiettivo: semplificare gli interventi di piccola taglia. Secondo: definire criteri trasparenti per gli studi e le valutazioni ambientali specifiche per i diversi impianti, per l’inserimento degli impianti nell’ambiente e nel paesaggio. Innovazione, sì, ma servono politiche nuove. La prima delle modifiche normative, per Legambiente, riguarda il mercato elettrico per consentire alle fonti RINNOVABILI di realizzare contratti a lungo termine attraverso consorzi e aggregazioni di impianti da RINNOVABILI per superare le oscillazioni della produzione e aprendo alle fonti RINNOVABILI il mercato della flessibilità. La seconda, riguarda gli incentivi: eliminare i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili e rivedere la tassazione energetica sulla base delle emissioni di Co2. Un intervento a costo zero riguarda la possibilità di immettere in rete il biometano, oggi ancora vietata malgrado non esistano ragioni tecniche a impedirlo, come già avviene negli altri paesi europei.
Investire nelle reti è una condizione indispensabile per dare un futuro alla generazione distribuita da fonti RINNOVABILI. Necessario anche investire per adeguare la rete di distribuzione a questo scenario di generazione distribuita e di accumulo, e poi aprire alla gestione di reti private vincolate a una produzione da fonti RINNOVABILI. ”E’ il momento di aprire una nuova fase di sviluppo delle fonti RINNOVABILI nel nostro Paese – dichiara il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini – e oggi è davvero possibile grazie alla riduzione del costo degli impianti e alle innovazioni nella gestione delle reti e dei sistemi di accumulo. I Comuni più avanzati in questa rivoluzione dal basso, dimostrano come si debba guardare a un modello energetico sempre più distribuito, pulito, innovativo“.
“Al neo Ministro Calenda – aggiunge – proponiamo di guardare a queste esperienze per raggiungere l’obiettivo del 50% da RINNOVABILI annunciato dal Premier Renzi entro la legislatura, liberando in particolare l’autoproduzione, la produzione e distribuzione locale da fonti RINNOVABILI. Sono numerose le barriere e le tasse, infatti, che oggi impediscono investimenti che sarebbero a costo zero, e per questo occorre introdurre regole semplici e trasparenti per l’approvazione dei progetti, spingendo gli investimenti attraverso innovazioni nel mercato elettrico e negli incentivi, nelle reti energetiche”.