Dalla registrazione della prima scossa da parte dell’osservatorio sismico centrale di Monteporzio Catone a sud-est di Roma, alle comunicazioni tramite telescrivente a istituzioni e media, fino all’intervento sul posto con sismografi portatili. A 40 anni dal sisma che sconvolse il Friuli, venerdì alle 11.30 l’Ingv, Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ricorderà l’emergenza di quei giorni. L’evento vedrà la presenza di Carlo Doglioni, neopresidente dell’Ingv che aprirà le porte della sua sede in via di Vigna Murata a Roma, per ricordare il 40° anniversario del catastrofico terremoto del Friuli, con immagini e testimonianze dei sismologi che allora gestivano la sorveglianza sismica. Nella serata del 6 maggio 1976, iniziò in Friuli una delle sequenze sismiche più devastanti della seconda metà del Novecento in Italia. La scossa principale avvenne alle 21 con magnitudo 6.5, uno tra i terremoti più violenti mai accaduti nell’Italia settentrionale, mentre l’intensità nell’epicentro fu pari al IX-X grado della scala Mercalli. La scossa colpì circa 120 comuni delle province di Udine e di Pordenone, interessando una popolazione complessiva di circa mezzo milione di persone.