“Siamo stati cittadini nel senso più completo della parola al tempo del terremoto: continuiamo a esserlo in questo tempo di grandi e difficili cambiamenti“. Lo ha affermato la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani rivolgendosi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nell’intervento in occasione della seduta straordinaria del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia a Udine in occasione del quarantesimo del terremoto. Serracchiani, porgendo “il caldo benvenuto del Friuli Venezia Giulia”, ha ringraziato il Capo dello Stato per il “forte segno di attenzione” dimostrato con la sua presenza nelle zone flagellate quarantanni fa dal terremoto, presenza che – ha detto – “onora degnamente questo anniversario”. Un anniversario celebrato “in forma solenne e con misurata sobrietà” per rendere innanzitutto omaggio alle quasi mille vittime provocate da un sisma tra i più devastanti della nostra storia e per ricordare tutti coloro i quali diedero prova di elevato spirito civico, di grande forza morale e di costante dedizione nelle attività di soccorso prima e di ricostruzione poi. Dopo quarant’anni la Regione commemora, dunque, le giornate del 1976, che hanno segnato in maniera indelebile la storia del Friuli, ma che hanno anche fatto da spartiacque nella storia della Regione quale Ente territoriale e contribuito a coagulare l’intera comunità regionale. Se infatti il Friuli Venezia Giulia nacque come istituzione nel 1963, è tredici anni dopo, “nei giorni crudeli del sisma”, ha sottolineato la presidente, che “la nostra Regione ricevette il suo battesimo morale“. L’Istituzione regionale, disegnata su carte ancora fresche di stampa, venne ri-conosciuta allora anche dalle persone come un Ente in cui avere fiducia. La stessa fiducia che il presidente del Consiglio Aldo Moro riconobbe alla Regione, allora presieduta da Antonio Comelli e a cui oggi è stato intitolato l’Auditorium del Palazzo di via Sabbadini. Serracchiani ha ricordato poi come “quella prova terribile” abbia forgiato i cittadini in tanti sensi, anche cementando ceppi di popolazioni di identità composita che la calamità della natura ha affratellato e amalgamato. Da allora le tante peculiarità storiche e linguistiche del nostro territorio si sono avviate a diventare la ricchezza di un’unica comunità. Un processo di coesione che non è finito, ma che – ha auspicato Serracchiani – deve proseguire. “Guai a noi se dovesse sbiadire e disperdersi l’afflato di un’appartenenza, la saldezza delle radici ma anche l’orgoglio di un’identità plurale”. Richiamando le parole del Presidente Mattarella, che nelle visite a Gemona e Venzone della mattina aveva espressamente affermato che la determinazione con cui fu affrontata la ricostruzione fu “frutto della cultura e della mentalità dei friulani“, la presidente ha ribadito poi che “senza la forza incredibile del popolo friulano non sarebbe mai potuto esistere quello che poi fu considerato un miracolo, il Modello Friuli”. La ricostruzione, del resto, non è stata solo l’esito di un’efficiente macchina tecnico-organizzativa: è stata anche uno straordinario momento politico di coesione istituzionale e di partecipazione popolare, in cui furono coinvolti i comitati di tendopoli e di baraccopoli, i sindaci, i parroci e le parti sociali. “Prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese” fu la scelta che segnò quella fase a riprova che il lavoro è elemento essenziale per una comunità. Quella frase non fu solo una chiara indicazione di priorità ma un momento di unità per tutta la collettività terremotata, consentendo di superare steccati e divisioni, traguardando il comune obiettivo della rinascita. Serracchiani ha richiamato l’intervento di pochi giorni fa a Roma, alla Camera dei Deputati, in cui è stato ricordato come proprio in quei giorni e in quei mesi “si sia forgiata la dimensione istituzionale di un rapporto con lo Stato basato sulla lealtà, sull’impegno e sulla fiducia“. Rivolgendosi a Mattarella, quale alto rappresentante e garante dell’Unità nazionale, Serracchiani ha voluto “rinnovare i sentimenti su cui fonda il legame solidale che organicamente salda questa Regione alla compagine dello Stato, e al tempo stesso ne sancisce spazi e margini d’autonomia“. Intorno al terremoto e alla ricostruzione si è infatti consolidata proprio una delle esperienze più alte e virtuose dell’autonomia regionale del Friuli Venezia Giulia. “Abbiamo l’orgoglio di continuare a esserne all’altezza”, ha detto Serracchiani, ricordando che si tratta di un’autonomia scaturita dalla storia, legittimata da lingue e culture diverse, ma resa concreta da cittadini “che vogliono e sanno assumersi responsabilità, che chiedono di essere protagonisti, che non guardano e attendono lo Stato come fosse altro da sé“.