La frana di Firenze ha aperto una vera e propria polemica. Quella delle frane sugli acquedotti “e’ una questione annosa, come ce lo ricorda bene il caso di Messina dello scorso novembre. E’ un po’ come la storia dell’uovo e la gallina. Ad oggi, comunque, e’ difficile dire se e’ partita prima la frana o la rottura“. A dirlo è il professor Nicola Casagli, docente all’Università di Firenze. Lo studioso che con i ‘suoi’ radar era all’isola del Giglio, a monitorare la Concordia. Una risposta per adesso non c’e’.
A togliere ogni dubbio saranno “i satelliti radar dell’agenzia spaziale europea”, spiega, capaci di monitorare “indietro nel tempo, fino al 1992“, anno in cui hanno cominciato a coprire tutto il Paese. Grazie a questa analisi a ritroso “potremo vedere se il muro d’argine, o la strada, si stavano deformando prima. Questo ci farebbe pensare che era gia’ in corso un dissesto”, che poi ha accelerato quella perdita d’acqua che ha messo il turbo alla frana”. Perche’ la causa del collasso “e’ sicuramente la perdita d’acqua. Acqua che destabilizza il pendio, e’ chiaro: liquefa il terreno, o rende molto meno resistente. Ora dobbiamo investigare sul perche’ c’e’ stata questa perdita“. Per il resto, a poco meno di 60 ore dal crollo “la situazione e’ stabile, non si rivelano particolari criticita’“. C’e’ stata, solo nelle ore immediatamente successive al disastro, “una leggerissima rotazione nella parte superiore del muro d’argine, di 6,5 millimetri non verso l’Arno ma sulla voragine“.
Quello stesso muro “deformato in avanti di 3,5-4 metri che ha immobilizzato circa un migliaio di metri cubi di terra” sui 3.000 metri complessivi smossi (2.000 si sono schiacciati nel sottosuolo). Che di fatto ha trattenuto “la frana senza farla andare in Arno, scongiurando un evento peggiore, perche’ stiamo parlando di un muro del 1870 straordinariamente ben fatto“. Per il Comune in 5 mesi i lavori saranno ultimati, concorda? “La frana e’ piccola, la complessita’ e’ che siamo in area urbana, pero’ l’accessibilita’ al sito e’ buona. Ritengo che i tempi indicati siano del tutto compatibili con quelli di intervento per la completa messa in sicurezza“.