Greenpeace e numerosi altri movimenti ambientalisti si stanno mobilitando in Brasile contro la costruzione di decine di sbarramenti artificiali sul fiume Tapajós, un affluente del Rio delle Amazzoni. La più grande di queste dighe, quella di São Luiz do Tapajós, sommergerà 400 chilometri quadri di foresta pluviale incontaminata e porterà alla deforestazione di un’area di 2.200 chilometri quadri. Un’enorme area ricchissima di biodiversità verrebbe interessata dal mega progetto, che punta a creare una gigantesca centrale idroelettrica. Verrebbero inondate enormi aree di foresta, con una modificazione del territorio imponente e la distruzione di biodiversità in una zona finora risparmiata dalle mega dighe. Nel bacino idrografico del fiume Tapajós si trovano specie uniche ed in pericolo d’estinzione come il delfino rosa, ma vivono anche popoli indigeni come i Mundurukú, che popolano queste aree da tempi remoti.
Dietro il progetto ci sono enormi interessi economici, e la battaglia contro questo nuovo progetto si annuncia dura. Greenpeace ritiene che una alternativa alla mega centrale idroelettrica potrebbe essere una combinazione di eolico e solare, il che richiederebbe però un cambiamento nella politica ambientale.
Inoltre, riporta Greenpeace in un recente rapporto intitolato “Amazzonia sbarrata”, l’obiettivo del Brasile di installare 73 gigawatt di nuova capacità di generazione entro il 2024 – un terzo di essa proveniente dall’energia idroelettrica – si basa su proiezioni della domanda gonfiate, che assumono un livello di crescita economica irrealisticamente alto. Il 40 per cento della nuova capacità proposta non sarebbe necessaria se il governo decidesse di optare per l’efficienza energetica.