Perché abbiamo oggetti che usiamo un paio di volte all’anno? Cosa significa buttare un intero cellulare solo per cambiare una componente? Cosa possiamo fare con gli scarti organici e materici che produciamo ogni giorno? Perché generiamo energia da fonti non rinnovabili? Perché non possiamo riparare le nostre scarpe da ginnastica? E soprattutto cosa succedere all’economia se improvvisamente la risposta a queste domande cambiasse radicalmente?
Fino a qualche anno fa l’assunto di base di ogni modello economico si è basato sullo schema “produci, consuma, dismetti” stabilito all’alba della Rivoluzione industriale. Un processo teleologico, inarrestabile, di vita e morte della materia, estratta, lavorata, abbandonata.
Oggi il mercato tocca con mano gli evidenti limiti della scarsità della materia di questo schema reclamandone con urgenza l’evoluzione, al fine di rendere il rifiuto, e l’inutilizzato, un vantaggio economico, sociale e ambientale. Lo scarto è ricchezza, la materia inutilizzata (sotto forma di prodotti come il vostro trapano) è spreco. Questa è ECONOMIA CIRCOLARE.
La nuova pubblicazione di Edizioni Ambiente, percorre la nascita, analizza l’evoluzione e inquadra lo stato attuale della risposta a questa rivendicazione.
«L’economia circolare chiede una ridefinizione del sistema industriale, che sia rigenerativo e ricostitutivo, nei fini e nei mezzi», spiega l’autore Emanuele Bompan, giornalista e geografo. «Al concetto di fine vita del prodotto, si vuole sostituire quello di eterna resurrezione e trasformazione, valorizzando ogni sua componente in un circolo chiuso, efficiente, scomposto nei suoi elementi di base».
Ecco la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, oggi considerata tra le più accurate ed esaustive:
<<è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera>>.
Nel 2009 viene fondata la Ellen MacArthur Foundation, che costituisce uno dei più autorevoli punti di riferimento in questo campo.Nel 2014 il tema dell’Economia Circolare irrompe al World Economic Forum di Davos. E il 2 dicembre del 2015 la Commissione europea presenta il pacchetto sull’economia circolare chiamato “L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare”. “Riduci, ricicla, riusa” sono le parole chiave di una proposta a tutto campo per favorire competitività e innovazione.
Le sorti del concetto di “economia circolare” sono passate dunque per una prima fase pionieristica, coincisa con la fine dei tre decenni di sviluppo tumultuoso dei paesi industrializzati al termine della Seconda guerra mondiale; ha sperimentato subito dopo la connessione tra il pensiero ecologico e quello economico con la creazione di centri di ricerca e fondazioni mirate a dare concretezza a questo approccio; e infine viene rilanciata dall’ingresso nella sfera del dibattito politico diventando un tema su cui si misura il peso della nuova economia che si pone l’obiettivo di superare il dominio dell’energia fossile e dei materiali usa e getta.
Questa terza fase è molto recente, e la conversione verso l’economia circolare, come le rinnovabili, la bioeconomia, le tecnologie pulite e green, non sarà certo una passeggiata, ma una vera e propria rivoluzione economica e sociale, irta di difficoltà e di rischi, con nemici veri, agguerriti privilegiati del vecchio modello fossile e la paura del nuovo, le incertezze dell’inedito.
Ambiente, arriva l’economia circolare: come rivoluzionare il sistema industriale e produttivo
