“Di fronte alla velocità dei cambiamenti climatici, ognuno di noi è tassello del mosaico chiamato sicurezza idrogeologica. Per questo, servono comportamenti virtuosi, alimentati dall’educazione ambientale che, nei programmi scolastici, deve occupare gli spazi, che furono dell’educazione civica”. A chiederlo è l’ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) per bocca del suo Presidente, Francesco Vincenzi, in Veneto per le giornate europee di “COWM 2016” (Citizen Observatories for Water Management).
“D’altronde la politica italiana ci ha messo 16 anni per applicare la Direttiva Europea sulle Acque e solo dal 2014 è stata istituita la Struttura di Missione #italiasicura dopo 50 anni di interventi emergenziali in un Paese capace di impegnare mediamente solo 400 milioni di euro all’anno in prevenzione, ma di spenderne 3 miliardi e mezzo per riparare i danni da dissesto idrogeologico. Ciò, nonostante fosse stato lo stesso Ministero dell’Ambiente ad indicare, ancora nel 2008, la necessità di investire 40 miliardi, in 15 anni, per mettere in sicurezza idrogeologica le zone a maggior rischio di frane ed alluvioni, cioè 47.747 chilometri quadrati pari al 15,8% del territorio nazionale e su cui vivono oltre 7 milioni di persone in costante pericolo, secondo i dati I.S.P.R.A. . In questo quadro – conclude il Presidente ANBI – è evidente la necessità di una vasta azione di educazione alle emergenze, cui i Consorzi di bonifica parteciperanno grazie alla miriade di attività didattiche e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, già in essere sul territorio. Perché, come diceva Leonardo Da Vinci, bisogna consultare prima l’esperienza e poi la ragione”.