Impronte umane fossili di 800.000 anni fa sono state portate alla luce in Eritrea: potrebbero essere le prime orme attribuibili con certezza all’Homo Erectus. L’eccezionale scoperta è avvenuta durante l’ultima campagna di scavo coordinata dall’Università ‘La Sapienza’ di Roma e dal National Museum of Eritrea, nella regione della Dancalia. La Eritrean-Italian Danakil Expedition, un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’ateneo romano, ha scoperto una superficie di impronte fossili di circa 800 mila anni fa, che comprende quelle che sembrano essere orme lasciate da antichi antenati umani. La scoperta è avvenuta nel corso degli scavi nel sito di ad Aalad-Amo, nella regione di Buia situata nella parte orientale dell’Eritrea.
Le impronte potrebbero essere le prime inequivocabilmente identificabili come appartenenti a Homo erectus, l’unica specie di ominidi che abitavano l’area in quel periodo, una specie chiave nella storia evolutiva umana che ha dato origine a quegli antenati dal cervello più grande da cui deriverà l’uomo moderno. L’inizio del Pleistocene medio è caratterizzato da un periodo di transizione molto importante nell’evoluzione umana durante il quale si sono sviluppate, a partire da Homo Erectus, specie umane con cervelli più grandi e corpi più moderni. La documentazione fossile umana tra 1,3 e 0,5 milioni di anni fa è estremamente scarsa e frammentaria, in particolare per quanto concerne lo scheletro postcraniale i cui elementi sono rari in Africa durante questo periodo.
I fossili umani dall’area di Buia, datati circa 1 milione di anni, forniscono pertanto, insieme a campioni provenienti da siti come Daka (Etiopia) e di Tighenif nel Nord Africa, elementi chiave in questa lacuna. I fossili di Buia presentano un interessante insieme di caratteristiche antiche e moderne: un mosaico in cui i tratti più primitivi di Homo Erectus si affiancano ad un aumento delle dimensioni del cervello e ad alcuni aspetti moderni della struttura dell’anca, collegando H. Erectus all’anatomia caratteristica di specie più tarde come H. Heidelbergensis. Le ricerche, coordinate dal paleoantropologo Alfredo Coppa dell’Università ‘La Sapienza‘ di Roma in sinergia con altre università italiane (Firenze, Padova e Torino) e internazionali (Poitiers, Tarragona, Toulouse), con il Mibact (Museo Pigorini e Iscr), sono state rese possibili grazie al supporto del governo eritreo e dell’Ambasciata d’Italia ad Asmara e grazie ai finanziamenti di Grandi Scavi Sapienza, Miur, Mae, Amnh di New York, oltre a sponsor privati (Enertronica, Eraclya, Gruppo Piccini, I. Messina, Lauria A. e RrTrek).