Moltissimi dei famigerati black hole che abitano le galassie, contrariamente a quello che si potrebbe immaginare, sono sostanzialmente dormienti: riposano senza divorare attivamente materia, e di conseguenza senza emettere particolari radiazioni. come i grossi mastini assopiti, è meglio non disturbarli: se si svegliano, potrebbero diventare pericolosi.
È quello che è successo circa 5 anni fa al buco nerosupermassiccio Swift J1644+57, nel cuore di una galassia a 3.9 miliardi di anni luce dalla Terra. Se ne stava tranquillo e addormentato, quando una stella incauta gli è passata un po’ troppo vicina: ecco che il mostro s’è subito destato, ha aperto le sue fauci e ha inghiottito la malcapitata.
Il delitto spaziale – spiega l’ASI – è stato scoperto nel 2011 da uno dei migliori “detective” della NASA, il telescopio spaziale Swift (realizzato in collaborazione con Italia e Gran Bretagna) da cui il famelico buco nero ha preso il nome. Grazie ai suoi sensori sensibili ai raggi X, Swift è riuscito a catturare il potentissimo getto ad alta energia emesso dal buco nero dopo aver inglobato la stella: una specie di rigurgito di materia, sparato fuori da Swift J1644+57 a una velocità prossima a quella della luce.
E poi? Il gigante è tornato a sonnecchiare dopo il lauto pasto, oppure è rimasto sveglio? Se l’è chiesto un gruppo di astronomi delle università di Maryland e di Michigan, che ha tenuto d’occhio a lungo il buco nero supermassiccio in cerca di ulteriori segnali di attività. E li ha trovati: per la prima volta dal catastrofico evento che ha visto morire la stella, i ricercatori hanno osservato potenti emissioni di raggi X “sputati” fuori dal nuovo disco di accrescimento di Swift J1644+57.
In astronomia un disco di accrescimento è la struttura formata dal materiale che cade in una sorgente di campo gravitazionale, come un nucleo galattico attivo. Nel caso di Swift J1644+57, il disco di accrescimento è nato proprio dai resti della stella divorata: il materiale stellare, inglobato dal buco nero, ha formato il disco esterno che è stato progressivamente riscaldato. Le emissioni di raggi X osservate sono il risultato di questo processo di riscaldamento, e la loro analisi può fornire informazioni fondamentali sulla natura stessa del disco di accrescimento.
“Prima di questo risultato, non avevamo una prova chiara della presenza della regione più interna del disco. Il nostro studio mostra che possiamo invece osservare questo riverbero al lavoro in una zona molto vicina al centro del buco nero,” commenta Erin Kara, prima firma dell’articolo pubblicato su Nature.
I dati mostrano che Swift J1644+57 ha consumato con estrema velocità il materiale proveniente dalla stella divorata, arrivando persino a superare il cosiddetto limite di Eddington – il massimo teorico che definisce quanto rapidamente un buco nero può consumare materia. Questi risultati sono preziosissimi per comprendere il comportamento delle “bestie addormentate” del cielo, gettando al tempo stesso una nuova luce sui meccanismi che portano al loro progressivo accrescimento.