Analizzare rischi e criticità nelle vecchie coperture della Villa dei Misteri, uno dei luoghi simbolo di Pompei, attraverso un check-up approfondito con l’aiuto di tecnologie d’avanguardia. È l’obiettivo del team di ricercatori ENEA impegnati in una nuova campagna di monitoraggio sulle strutture in cemento armato, legno e acciaio, costruite per lo più 50 anni fa a protezione della domus romana, il cui primo nucleo risale al II secolo a.C.
Dai primi risultati della campagna che segue quella del 2013, emergono criticità legate alla pesantezza dei materiali utilizzati, infiltrazioni d’acqua e vibrazioni ambientali, per sismicità e vicinanza con la ferrovia. Il team ha trasferito dai Centri ENEA di Bologna, Brasimone e Casaccia tecnologie d’avanguardia differenziate in base alle tipologie di materiale da analizzare, ossia legno e calcestruzzo. Un primo allarme era scattato quattro anni fa con la caduta di una grossa trave in legno dalla copertura del peristilio, il cortile interno della domus circondato da un portico a colonne. Un episodio che fortunatamente non ha avuto conseguenze sull’edificio storico e sui visitatori, ma che ha costretto la Soprintendenza a chiudere al pubblico molti ambienti.
“In questa nostra campagna di indagine, che ha l’obiettivo di acquisire i dati necessari per definire gli interventi di messa in sicurezza, abbiamo messo in campo un numero maggiore di strumenti d’indagine rispetto al 2013, quando eravamo intervenuti in seguito al crollo della trave del peristilio – spiega Bruno Carpani responsabile scientifico della campagna diagnostica. “Finora abbiamo constatato uno stato di degrado avanzato delle zone di appoggio di molte travi del peristilio, mentre risultano particolarmente vulnerabili all’azione sismica le strutture in calcestruzzo di alcuni ambienti, come i vani del quartiere rustico”.
Villa dei Misteri non è un caso isolato. Nelle aree di Pompei, Ercolano, Stabia e Boscoreale ci sono almeno una decina di domus con coperture in cemento armato risalenti agli anni ’60-’70 del ’900. “Il problema della sicurezza e della conservazione di queste strutture nelle aree archeologiche è vastissimo sia in Italia che nel mondo. Solo nel nostro Paese ne sono state censite oltre 200 in 130 siti. Con il lavoro che stiamo svolgendo a Villa dei Misteri puntiamo a realizzare il primo modello di monitoraggio e diagnosi che potrà essere applicato ad altre domus con tipologie simili di copertura” conclude Carpani .
A Villa dei Misteri l’equipe ENEA ha eseguito anche i rilievi delle vibrazioni ambientali con sismometri ad elevata sensibilità. “Questa volta ci siamo concentrati sulla sala degli affreschi e sulla copertura dell’atrio adiacente alla sala stessa – spiega Paolo Clemente dirigente di ricerca ENEA – e abbiamo messo a punto una sofisticata modellazione matematica che ci ha permetterà di valutare la vulnerabilità di questo luogo sottoposto a continue vibrazioni per la vicinanza alla linea ferroviaria e la sismicità di quest’area”.
Le tecnologie utilizzate nell’intervento
Sulle travi in legno sono stati utilizzati un termo igrometro per misurare il livello di umidità e un metodo di prova che prevede l’impiego combinato di sclerometro (che ENEA ha ricevuto dall’azienda italiana DRC) per rilevare il grado di durezza superficiale e di ultrasuoni per scoprire eventuali discontinuità all’interno del campione. Misure ripetute ogni volta, con estrema cura e precisione, in tre punti diversi della trave, al centro e ai due appoggi laterali. Nome evocativo per l’altro strumento utilizzato a Villa dei Misteri, ilresistograph, che grazie ad un ago lungo 40 cm ha permesso di registrare omogeneità e compattezza del legno. E poi il cosiddetto “succhiello di Pressler”, una sonda con cui sono stati prelevati campioni di legno utili a individuare la specie legnosa – identificata finora nel castagno o nella varietà di pino pitch-pine – e che saranno analizzati al microscopio elettronico dei laboratori ENEA di Bologna.
Sul calcestruzzo sono stati utilizzati:
– il metodo di indagine SONREB che mette in correlazione i risultati delle prove sclerometriche superficiali con indagini ultrasoniche per determinarne la resistenza dei materiali;
– un pacometro, capace di individuare l’esatta posizione dell’armatura all’interno della trave, utilizzando campi magnetici in grado di interagire con il ferro.
I campioni di calcestruzzo prelevati – che saranno analizzati nei laboratori del Dipartimento di Ingegneria Strutturale dell’Università Federico II di Napoli – serviranno a valutare la resistenza alla compressione e la profondità di carbonatazione, ossia il processo di interazione della calce con l’anidride carbonica che indica l’abbassamento del ph della pasta cementizia, causando l’ossidazione del ferro all’interno della trave stessa.
Attualmente è visitabile solo il 30% degli oltre 70 ambienti della più famosa domus romana di Pompei (estesa su circa 3mila metri quadri), che include la celebre Sala dei Misteri con il rito di iniziazione di una giovane sposa.