Anche gli alberi contribuirebbero alla formazione delle nuvole. Si tratta di una scoperta di non poco conto, e non solo per gli esperti del settore, ma per tutto il pianeta, dato che anche questo influisce sul clima e sui cosiddetti cambiamenti climatici. Il secolo in corso, secondo le previsioni, vedrà un aumento delle temperature globali compreso tra 1,5 e 4,5 gradi rispetto al 1750 (Rivoluzione industriale). Con la Cop 21 che si è svolta a fine novembre a Parigi, i Paesi di tutto il mondo si sono impegnati a contenere l’aumento entro la soglia minima di un grado e mezzo, ma in questo caso è proprio il caso di dire che “tra il dire e il fare…“; la decisione, infatti, è stata presa, ma ora agli Stati spetta la parte più difficile, ovvero quella di attuare concretamente politiche, spesso costose sia per il settore pubblico che per quello privato, che siano in grado di ridurre le emissioni di CO2, ritenute le maggiori responsabili del riscaldamento globale.

Quest’ultima scoperta, però, getta nuova luce su un fenomeno ancora in parte incompreso, ovvero quello della formazione delle nuvole. Secondo i ricercatori del Cern e di altri 21 istituti che hanno condotto lo studio collaborando all’esperimento Cloud, gli alberi delle foreste boreali, emettendo sostanze volatili in grado di aggregarsi e dare vita a particelle di aerosol sulle quali si condensa l’acqua, formerebbero proprio quelle goccioline che, tornando indietro, diventano pioggia. “Le nuvole sono fondamentali non solo per il tempo meteorologico, ma anche per il clima – sottolinea Federico Bianchi, ricercatore all’università di Helsinki, e autore di un articolo in merito apparso su Science – perché influenzano la temperatura del pianeta. Eppure della loro formazione e delle loro caratteristiche sappiamo ancora poco. Ogni nuvola è formata da acqua – continua Bianchi – condensatasi su aerosol detto anche semi di nuvola, ma della loro composizione chimica e della loro interazione con i raggi cosmici, l’umidità relativa, l’acido solforico e altri composti organici volatili non si conosce granché. Fino ad alcuni mesi fa credevamo che l’ingrediente fondamentale di questi aerosol fosse l’acido solforico, una sostanza emessa in grandi quantità dall’uomo a partire dalla Rivoluzione industriale e che è legata a doppio filo all’anidride solforosa che viene prodotta nei processi di combustione“.
I modelli sui cambiamenti climatici partono dal presupposto che l’uomo abbia scaldato la Terra di 0,8 gradi rispetto al 1750, perché contemporaneamente, emettendo gas e particelle sottili, ha anche contribuito alla formazione di nuove nuvole, che hanno attenuato il riscaldamento dovuto alle emissioni di CO2. L’idea di fondo è che prima della Rivoluzione industriale ci fossero meno nuvole, e queste fossero meno bianche e producessero pioggia molto prima rispetto ad ora, a causa dell’irrisoria presenza di particelle formate da anidride solforosa nell’atmosfera. Le nuvole attuali, invece, essendo più bianche e persistenti, sarebbero in grado di schermare l’atmosfera dai raggi solari, riuscendo a mitigare il clima. Con Cloud, però, tutti questi modelli vengono messi in discussione e gli studi sui cambiamenti climatici dovranno in parte fare un passo indietro, anche per individuare quali siano le effettive responsabilità dell’azione dell’uomo sul riscaldamento globale.
Gli alberi, dal canto loro, ancora nel 2016 ci riservano nuove sorprese, ricordandoci che la Terra, seppur modificata e modellata dagli esseri umani, è pur sempre governata dalla Natura, che ne gestisce tempi e luoghi, pur se influenzata dagli effetti di inquinamento ed emissioni di CO2. “Nel frattempo – si legge su Il Sole 24 Ore, in un articolo a firma di Alessandra Viola – un’idea completamente nuova si affaccia nella ricerca: gli alberi sono forse in grado di…innaffiarsi da soli attraverso le nuvole?“.