Crimini d’odio: secondo uno studio il 20% sono dovuti all’orientamento sessuale

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Un esempio limite di un tipo di violenza estremamente comune negli Stati Uniti, quella contro la comunità LGBT: i giornali americani ricordano così, dati alla mano, l’alto numero di aggressioni e reati cui è esposta la popolazione LGBT americana. In un’analisi delle statistiche compilate dall’FBI messa a punto nel 2011 dal Southern Poverty Law Center è emerso ad esempio che ‘‘gli LGBT hanno il doppio di probabilità di essere bersaglio di un reato di odio di quanto non siano gli ebrei o i neri, oltre quattro volte di quanto non siano i musulmani e 14 volte i latinoamericani“. Il 20% circa dei crimini di odio è stato motivato nel 2013 dall’orientamento sessuale, secondo l’Fbi. L’unico fattore più presente era quello razziale. Se si guarda alle statistiche dal 1991 oltre 100mila crimini di odio sono stati denunciati all’Fbi. L’orientamento sessuale risultava al terzo posto tra le motivazioni, pari al 17% del totale delle aggressioni, stando ad un’analisi della Human Rights Campaign risalente al 2009.

Al primo posto figuravano le motivazioni razziali, seguite da quelle religiose. Guardando ai dati del 2007 la Human Rights Campaign ha concluso che gli attacchi a carico di gay, lesbiche e bisessuali sono probabilmente poco denunciati: “I reati di odio motivati da orientamento sessuale e identità di genere potrebbero non essere percepiti come dettati da preconcetti anche dalle forze di sicurezza chiamate ad occuparsene, per inesperienza, mancanza di educazione o per i loro stessi preconcetti“. Quello di ieri non è stato il primo caso di un attacco ad un gay club negli Stati Uniti: nel 2014 Musab Masmari è stato condannato per aver appiccato il fuoco ad un bar di Seattle la notte di Capodanno. All’interno del locale si trovavano 750 persone. Nessuno è rimasto fortunatamente ferito. Ma gli episodi più frequenti di violenza contro gli LGBT avviene nelle case, nelle strade o nelle scuole. La stragrande maggioranza dei reati non è da attribuire a estremisti musulmani “ma piuttosto – secondo la stessa fonte – a suprematisti bianchi o a gente che potrebbe a prima vista essere considerata esponente relativamente normale della società. La maggior parte di questi attacchi non è neanche opera di membri di gruppi ‘di odio’ organizzati“.

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