La Brexit non vale per lo spazio: cresce l’impegno del Regno Unito nei programmi spaziali europei

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La Brexit non vale per lo spazio. Sembra un paradosso ma mentre il Regno Unito ha espresso la volontà di uscire dall’Unione Europea il suo impegno nei programmi spaziali europei è crescente e molte sono le domande riguardo le conseguenze che avrà sul settore, tra i più fiorenti dell’economia inglese.

Sarà anche per questo che all’indomani del voto il direttore generale dell’ESA Worner ha dichiarato che la Brexit non pregiudicherà l’appartenenza del Regno Unito all’Agenzia Spaziale Europea, dato che l’ESA è un’organizzazione intergovernativa distinta dall’Unione Europea.

Già nel 2010 con la fondazione della UK Space Agency il regno Unito aveva affermato la propria volontà di riunire le attività spaziali sotto un’unica direzione. Tre anni dopo l’apertura dell’ECSAT la prima struttura dell’Agenzia Spaziale Europea sul suolo britannico, ha ulteriormente sottolineato l’interesse del governo inglese negli investimenti sia in campo spaziale che nell’ambito dell’ESA.

Lo sviluppo di Skylon, uno spazioplano riutilizzabile, in grado di raggiungere l’orbita terrestre con un solo stadio decollando ed atterrando come un aeroplano convenzionale, farebbe raggiungere al Regno Unito una posizione di leadership in un mercato in crescita come quello dei lanciatori spaziali.
Per quanto riguarda programmi europei il Regno Unito è in prima linea con la partecipazione allo sviluppo di alcuni componenti del payload di Galileo e ha recentemente finanziato la seconda parte della missione ExoMars con 19 milioni di euro, il contributo più consistente dopo quello italiano. Sul fronte volo umano poi, l’astronauta Tim Peake, tornato a Terra dopo sei mesi di permanenza sulla ISS con la missione Principia, è il primo cittadino britannico ad essere stato selezionato come astronauta ESA.

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