Nivolumab, nuova molecola immuno-oncologica, ha evidenziato un tasso di risposta obiettiva del 66,3% nei pazienti con linfoma di Hodgkin classico (cHL). Il dato emerge dallo studio registrativo di fase II CheckMate -205, non-comparativo, di singolo braccio, in diverse coorti. I dati della coorte B includevano pazienti in recidiva o progressione della malattia dopo auto-trapianto di cellule staminali ematopoietiche (auto-HSCT) e successivo trattamento con brentuximab vedotin (n=80). L’endpoint primario del tasso di risposta obiettiva (ORR), valutato da un comitato indipendente di revisione radiologica (IRRC), è risultato pari al 66,3% (IC 95%: 54,8-76,4). Il tempo mediano alla risposta è stato di 2,1 mesi e la stima della durata mediana di remissione era di 7,8 mesi. La maggior parte delle risposte (62,3%) era ancora in atto al momento dell’analisi. In un’analisi esplorativa gli autori hanno osservato che più dei due terzi dei pazienti (72,1%) che non avevano risposto al più recente trattamento con brentuximab vedotin rispondevano invece a nivolumab. Il profilo di sicurezza di nivolumab nell’ambito dello studio CheckMate -205 era in linea con i dati precedentemente riportati in questo tipo di tumori.
I risultati saranno presentati al 21° Congresso dell’European Hematology Association (EHA) a Copenhagen in Danimarca (Abstract #S793) e sono in attesa di pubblicazione su The Lancet Oncology.
“Attualmente non esiste un’opzione di trattamento standard per i pazienti con linfoma di Hodgkin classico in recidiva o progressione dopo auto-trapianto di cellule staminali ematopoietiche e successivo trattamento con brentuximab vedotin,” ha affermato il Dott. Andreas Engert, lead investigator e Professor of Internal Medicine, Hematology and Oncology, University Hospital of Cologne a Colonia (Germania). “Siamo incoraggiati dai risultati sui tassi di risposta obiettiva e dal fatto che la maggior parte delle risposte fosse ancora in atto al momento dell’analisi dello studio CheckMate -205 che ha valutato nivolumab in pazienti pesantemente pretrattati.”
“Il linfoma di Hodgkin classico è una malattia che colpisce soprattutto i giovani e vi è un significativo bisogno di cure ancora insoddisfatto per i pazienti che non ottengono risposta dalle terapie standard con conseguente prognosi sfavorevole e opzioni molto limitate di trattamento” ha commentato Jean Viallet, Global Clinical Research Lead, Oncology, Bristol-Myers Squibb. “I dati presentati all’EHA dimostrano che nivolumab costituisce un’importante opzione di trattamento per i pazienti con progressione della malattia dopo auto-trapianto di cellule staminali ematopoietiche e successivo trattamento con brentuximab vedotin.”
Nivolumab ha ottenuto la prima approvazione in ambito ematologico dalla Food and Drug Administration statunitense il 17 maggio 2016, che rappresenta anche la prima approvazione di un inibitore PD-1 in una neoplasia ematologica maligna. L’approvazione con procedura accelerata è stata rilasciata sulla base dei risultati del tasso di risposta globale dopo trattamento dei pazienti con linfoma di Hodgkin classico in recidiva o progressione dopo auto-trapianto di cellule staminali ematopoietiche e successivo trattamento con brentuximab vedotin, in seguito ad analisi combinata dei dati dello studio CheckMate -205 di fase II, che erano più limitati rispetto a quelli presentati all’EHA, e dello studio CheckMate -039 di fase I. Il completamento dell’approvazione per questa indicazione può essere imminente dopo verifica e descrizione dei benefici clinici negli studi clinici di conferma. Nivolumab è attualmente in fase di valutazione regolatoria per il linfoma di Hodgkin classico nell’Unione Europea e in Giappone.
Lo Studio CheckMate -205
CheckMate -205 è uno studio di fase II, multicentrico, internazionale, in singolo braccio, in aperto, in coorti diverse, sulla valutazione di nivolumab in pazienti adulti con linfoma di Hodgkin classico. Tutti i pazienti della coorte B non hanno risposto né ad auto-HSCT né al successivo trattamento con brentuximab vedotin. Il numero mediano di precedenti linee di terapia era 4 e il 49% dei pazienti aveva ricevuto almeno 5 precedenti linee di terapia. I pazienti arruolati in questo studio sono stati trattati con nivolumab 3 mg/kg per via endovenosa ogni due settimane fino a progressione o tossicità inaccettabile.
L’endpoint primario era l’ORR, valutato dall’IRRC. Endpoint secondari basati sulla valutazione IRRC includevano la durata della risposta obiettiva, i tassi di remissione completa o parziale, la durata della remissione completa o parziale e, sulla base della valutazione dello sperimentatore, la risposta obiettiva e la durata della risposta obiettiva. Endpoint esplorativi comprendevano la sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata da IRRC, la sopravvivenza globale (OS), la sicurezza e tollerabilità e la qualità della vita. L’ORR, valutata dallo sperimentatore, è risultata pari al 72,5% (IC 95%: 61,4-81,9). La migliore risposta globale è stata la remissione completa e parziale rispettivamente nel 27,5% e 45% dei pazienti. Dopo sei mesi, il tasso di PFS, valutato da IRRC, è stato del 76,9% (IC 95%: 65-85) e il tasso di OS era del 98,7% (IC 95%: 91,0-99,8), mentre la PFS mediana è stata di 10 mesi (IC 95%: 8,41–NA). Il profilo di sicurezza di nivolumab nello studio CheckMate -205 si è mantenuto in linea con i dati precedentemente riportati per questo tipo di tumore.
Il linfoma di Hodgkin classico è caratterizzato da cellule Reed-Sternberg, che esibiscono 9p24.1, che porta a iperespressione dei ligandi di PD-1, PD-L1 e PD-L2, sulla superficie delle cellule tumorali. L’aumentata espressione di PD-L1 e PD-L2 sulle cellule Reed-Sternberg permette loro di eludere l’identificazione da parte del sistema immunitario. Un’analisi esplorativa ha valutato l’associazione tra l’alterazione genetica 9p24.1, l’espressione del ligando PD-1 (programmed death 1) e l’ORR valutata da IRRC. Le risposte sono state riportate per i pazienti con qualsiasi livello di alterazione di 9p24.1.
I più comuni eventi avversi legati al farmaco erano affaticamento (25%; 20/80), reazioni legate all’infusione (20%; 16/80), rash cutaneo (16%; 13/80), artralgia (14%; 11/80), febbre (14%; 11/80), nausea (13%; 10/80), diarrea (10%; 8/80) e prurito (10%; 8/80). Eventi avversi di grado 3/4 si sono manifestati in 32 pazienti (40%) e un evento di grado 5 (1%; insufficienza multi-organo). Eventi avversi gravi per ogni causa sono stati riportati in 20 pazienti (25%; 20/80), il più comune dei quali è stata la febbre (4%; 3/8), mentre eventi avversi gravi legati al farmaco si sono manifestati in 5 pazienti (6%), il più comune era una reazione legata all’infusione (3%). Un prolungato follow-up sulla sicurezza dei pazienti con linfoma di Hodgkin classico, inclusi nel programma di studio clinico del nivolumab, successivamente trattati con HSCT allogenico (n=17), ha evidenziato complicazioni, tra cui anche eventi fatali.