Parziale legalizzazione dell’aborto e criminalizzazione del traffico di migranti. Ci sono anche questi tra gli emendamenti al codice penale approvati in Marocco. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che svecchia delle norme che hanno più di 50 anni e nel contempo vanno a smorzare le leggi dell’Islam, per allinearsi ai principi della Costituzione varata nel 2011. L’articolo 453 che regola le sanzioni per il reato di aborto, dunque, che fino all’altro ieri prevedeva la possibilità di rinunciare alla gravidanza solo se era a rischio la salute della gestante, è stato completamente riscritto, ammettendo l’aborto anche in caso di incesto, violenza sessuale e malformazioni del feto.
Sono stati poi introdotti reati fondamentali per lo sviluppo del paese, come il traffico di migranti, crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità. Sono stati inoltre ridefiniti alcuni reati come la tortura o l’abuso sessuale di minore. Già l’anno scorso il re Mohammed VI aveva chiesto di intervenire sull’articolo di legge, dopo che Amlac, l’Associazione marocchina di lotta all’aborto clandestino, aveva consegnato la ricerca annuale sul tema: da 600 a 800 aborti clandestini al giorno, di cui solo 500 circa seguito da strutture mediche, con costi che vanno dai 1.500 ai 10 mila dirham (da 150 a mille euro circa), proibitivi per la maggior parte delle donne e con rischi altissimi sia per le pazienti sia per i medici. Gli altri aborti sono effettuati in condizioni catastrofiche da infermiere, nel migliore dei casi, più spesso da figure vicine alla stregoneria, con implicazioni per la salute molto gravi, che l’Organizzazione mondiale della sanità traduce in un 13% di mortalità su un totale di 220 mila donne che ogni anno in Marocco ricorrono all’aborto clandestino. Uno scandalo che nel 2012 travolse il Ministero della Sanità, costretto ad ammettere che l’aborto era “il piu’ grave problema di salute pubblica“.
A marzo, il re chiese al gabinetto di Giustizia e a quello degli affari Islamici di formulare uno studio sul tema e sulle sue ricaduteda un punto di vista sociopolitico e religioso. Il ministro della Salute, El Hussein Louardi si è sempre dichiarato favorevole alla riforma. L’unico ostacolo poteva arrivare dalla religione: la vita è sacra per il Corano, il testo sacro dell’islam non consente l’aborto, ma in caso di grave pericolo per la madre, lascia libertà di scelta nel senso del minore dei mali. La riforma del codice della famiglia nel 2004 e successivamente il varo della Carta costituzionale nel 2011, hanno messo in discussione la legge, fino a questa nuova scrittura dell’articolo del codice penale.